È dagli anni Novanta che ciclicamente si trova in difficoltà e i suoi ultimi conti sono preoccupanti
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Secondo un vecchio articolo dell’Economist l’85 per cento delle macchine fotografiche e il 90 delle pellicole vendute negli Stati Uniti negli anni Settanta erano della Kodak, la storica azienda fondata nello stato di New York nel 1892. Con i suoi prodotti accessibili e innovativi, è stata a lungo una delle aziende più grandi e influenti nel settore, nonché un riferimento nella cultura pop in tutto il mondo: eppure dagli anni Novanta ha ciclicamente fatto fatica ad adattarsi ai cambiamenti del mercato e a reggere la concorrenza.
I dati relativi all’andamento della Kodak pubblicati lunedì dicono che l’azienda non ha né liquidità disponibile né finanziamenti sufficienti per coprire i circa 500 milioni di dollari di debiti che deve ripagare entro l’anno prossimo. Per questo nei documenti fiscali più recenti si dice che ci sono «dubbi significativi» sulle sue possibilità di continuare a operare.
Gli stessi documenti evidenziano che nel secondo trimestre del 2025 la Kodak (il cui nome ufficiale è Eastman Kodak Company) ha avuto perdite per 26 milioni di dollari, quando nello stesso periodo dell’anno precedente aveva fatto esattamente la stessa quantità di utili; sempre secondo i documenti al momento la liquidità dell’azienda è di 155 milioni di dollari, 46 milioni in meno rispetto allo scorso 31 dicembre. Martedì le sue azioni in borsa sono crollate fino al 25 per cento.
In un comunicato Kodak dice comunque di essere fiduciosa di poter pagare una porzione significativa dei suoi prestiti prima della loro scadenza, e di riuscire poi a modificare, estendere oppure rifinanziare i debiti residui. Sempre per provare a ridurre i debiti l’anno scorso stava già valutando di chiudere il piano pensionistico per i propri dipendenti, anche se per ora ha detto che continuerà a tenerlo attivo.
Kodak non sembra intenzionata a chiudere la produzione a breve, ma la sua situazione economica è piuttosto grave.
Scatole di rullini della Kodak in un negozio di New York nel gennaio del 2012 (EPA/ANDREW GOMBERT via ANSA)
La storia della Kodak cominciò nel 1888, quando George Eastman registrò all’ufficio brevetti degli Stati Uniti il marchio per la sua società, che da qualche anno aveva cominciato a produrre macchine fotografiche con un’innovazione straordinaria: una pellicola sensibile alla luce al posto delle lastre fotografiche rigide che venivano utilizzate nei primi decenni della fotografia. “Kodak” non voleva dire niente, ma per qualche ragione a Eastman piaceva il suono «forte e incisivo» della lettera k, e quella era la combinazione di lettere che lo aveva convinto di più.
Al tempo la fotografia era ancora un lusso, ma la sua idea era che le macchine fotografiche dovessero essere «convenienti come una matita». La prima, nel 1888, fu pubblicizzata con lo slogan: «Tu premi il pulsante, noi facciamo il resto».
Sotto la guida di Eastman l’azienda crebbe moltissimo, fino a ottenere una posizione dominante sul mercato globale anche grazie ai massicci investimenti nella ricerca e nello sviluppo, che per esempio la portarono a mettere in commercio un primo modello di fotocamera digitale già nel 1975. Con la progressiva transizione verso la fotografia digitale e la concorrenza di altri marchi, a poco a poco tuttavia per Kodak le cose cominciarono a peggiorare.
Nel 2012 l’azienda fece ricorso a una legge fallimentare degli Stati Uniti simile all’amministrazione straordinaria italiana, dichiarando debiti per oltre 6,75 miliardi di dollari (circa 9,5 miliardi di oggi). L’anno successivo ne uscì, ma parecchio cambiata: tra le altre cose molti degli oltre 1.100 brevetti registrati negli anni per le pellicole fotografiche e nel settore del digitale furono venduti, e fu venduta anche la rete dei circa 105mila chioschi e piccoli negozi per lo sviluppo delle foto. Al contempo l’azienda cominciò a dedicarsi di più agli inchiostri e alle tecnologie per la stampa industriale, ai sensori per gli schermi touchscreen per telefoni e tablet e alle pellicole per l’industria cinematografica.
Più di recente, sempre per diversificare, ha iniziato a trattare sostanze usate nel settore medico e farmaceutico, alcune delle quali sono fondamentali anche per le pellicole del cinema. L’amministratore delegato di Kodak, Jim Continenza, ha detto che finora i dazi introdotti dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump non hanno influito sull’operatività dell’azienda; ha però aggiunto che in futuro potrebbero avere un impatto positivo, visto che la gran parte della produzione di Kodak è concentrata negli Stati Uniti.
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