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Sono 40 anni che Mario è Super

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Se non fosse stato per Braccio di Ferro, oggi non saremmo qui a festeggiare i 40 anni di Super Mario Bros., il videogioco che diede più fama a quello che all’epoca non era altro che un piccolo grumo di pixel colorati. Rappresentava un idraulico ed era stato inventato qualche anno prima per superare un problema di diritti, visto che Nintendo faticava a rimediare una licenza per usare Braccio di Ferro. In pochi anni Super Mario Bros. sarebbe diventato uno dei videogiochi più giocati e apprezzati al mondo, il capostipite di una ricca serie di sequel, ma anche l’ispirazione per cartoni animati, giocattoli, magliette, accessori di ogni tipo, nonché la causa dei calli sulle dita di milioni di persone impegnate a risolverne a ripetizione i suoi livelli sempre più difficili.

Super Mario Bros. non fu solo uno dei più grandi successi nella storia dei videogiochi, con milioni di copie vendute in tutto il mondo in pochi anni. Contribuì enormemente alla diffusione del Nintendo Entertainment System, la console che più di altre rese popolare l’idea di usare i videogiochi in casa e non necessariamente nelle sale giochi, ancora molto diffuse all’epoca. Si poteva giocare davanti al televisore per conto proprio, oppure insieme ad altre persone per sfidarsi o semplicemente per rendere condivisa l’avventura attraverso livelli sempre più difficili fino al mostro finale. Una sorta di Twitch ante litteram confinata tra le mura domestiche e senza Internet.

La carriera di Mario era iniziata nel 1981, quando il malvagio gorilla Donkey Kong aveva rapito Lady, la principessa di cui era innamorato il nostro eroe. Per salvarla Mario doveva arrampicarsi su scale a pioli e correre lungo piani inclinati, evitando i barili che il gorilla gli tirava addosso. La grafica del videogioco era molto essenziale e la schermata di gioco era fissa, con i personaggi che si muovevano senza cambiare ambientazione nei singoli livelli.

Donkey Kong, 1981

L’idea di Mario era venuta a Shigeru Miyamoto, considerato uno dei più grandi designer di videogiochi di sempre e attuale direttore creativo di Nintendo. All’epoca l’azienda non aveva avuto ancora molto successo e pativa la concorrenza di Pac-Man, la grande e ingorda faccia gialla che divorava oggetti in un labirinto sviluppata dalla concorrente Namco. Inizialmente Miyamoto aveva pensato ai personaggi delle serie a cartoni animati di Braccio di Ferro e non era interessato a inventarsene di nuovi, ma Nintendo non era riuscita a ottenere i diritti e serviva un’alternativa.

Il personaggio doveva essere più piccolo del gorilla, una versione digitale di Davide contro Golia, e facilmente riconoscibile. Miyamoto aveva a disposizione una griglia di appena 16×16 pixel per disegnarlo e, visto che il gioco era ambientato in un cantiere, decise di caratterizzarlo come un falegname. Scelse di fargli indossare una salopette rossa e una camicia blu, in modo da farlo risaltare rispetto allo sfondo nero dei livelli. Avendo pochi pixel a disposizione rinunciò a disegnargli parte dei capelli e gli fece indossare un cappello, risolvendo il problema della resa della fronte e delle sopracciglia, che erano idealmente nascoste dalla visiera. Dotarlo di una bocca nella scala giusta sarebbe stato impossibile visti i pochi pixel, così Miyamoto optò per un paio di baffi.

Mario debuttò nelle sale giochi senza avere un nome, anche se nella versione inglese fu indicato come “Jumpman”, cioè uomo che salta, visto che doveva schivare i barili che gli rotolavano addosso. Le origini del nome sono incerte, ma la versione più raccontata è che il nome fu scelto dalla divisione statunitense di Nintendo, in seguito ai rapporti non sempre facili con Mario Segale, il proprietario dei magazzini che utilizzava l’azienda.

Donkey Kong andò bene soprattutto negli Stati Uniti, dove Nintendo aveva la necessità di riutilizzare molti cabinati, cioè i cassoni che nelle sale giochi contenevano lo schermo, i comandi e il resto dell’elettronica per far funzionare i videogiochi. I frequentatori delle sale giochi avevano apprezzato quella versione primordiale di gioco a piattaforme, dove i personaggi attraversano livelli costituiti appunto da piattaforme disposte su più piani. Visti i risultati, Nintendo avviò lo sviluppo di Mario Bros., un nuovo videogioco più elaborato e nel quale Mario doveva darsi molto da fare.

Come nel videogioco precedente, ogni schermata corrispondeva a un livello e Mario doveva raccogliere monete, sconfiggere tartarughe e altre creature nemiche procedendo ai livelli successivi. L’ambientazione era idealmente il sottosuolo di New York e a quel punto Mario aveva rimediato una nuova professione, l’idraulico, e un fratello, Luigi, tale e quale a lui ma con un’altra combinazione di colori. Il videogioco arrivò nelle sale giochi nel 1983 e fu per molti una sorpresa, vista la maggiore complessità di gioco rispetto a Donkey Kong e lo sforzo creativo per realizzarlo.

Mario Bros. fece in tempo a uscire poco prima dell’inizio della crisi che interessò buona parte del settore dei videogiochi tra la fine del 1983 e il 1985, soprattutto nel Nordamerica. La grande offerta di console e di giochi spesso di bassa qualità, unita al crescente successo dei personal computer, aveva portato a un crollo delle vendite e messo seriamente in difficoltà i produttori. Fu in questo contesto che Nintendo si mise al lavoro per produrre videogiochi che potessero favorire la sua console Famicom lanciata proprio nell’estate del 1983 in Giappone e che sarebbe poi diventata nota in Occidente come Nintendo Entertainment System. Tra questi ce ne sarebbe stato anche uno con Mario.

Miyamoto in quegli anni aveva sperimentato nuove soluzioni di gioco in altri titoli, chiedendosi come si potesse rendere più dinamico il movimento dei personaggi. Da quelle esperienze arrivò all’idea di non usare una schermata fissa, come in Mario Bros., ma un ambiente di gioco che si espandeva orizzontalmente man mano che il protagonista si muoveva al suo interno. Oggi diamo per scontato che un videogioco a piattaforme funzioni in questo modo, ma all’epoca c’erano state ancora poche esperienze di questo tipo, che il gruppo di lavoro di Miyamoto sfruttò per costruire un vero e proprio mondo nel quale si potesse muovere il protagonista, colpendo i nemici, raccogliendo monete, inseguendo il suo obiettivo di liberare la principessa.

Lo sviluppo del nuovo videogioco iniziò nell’autunno del 1984, e Nintendo voleva qualcosa di semplice in modo da averlo pronto per la stagione degli acquisti natalizi dell’anno successivo. I videogiochi odierni richiedono di solito anni per essere sviluppati e non sempre sono un successo, ma all’epoca gli sviluppatori ebbero poco tempo per trasformare la loro ambiziosa idea di partenza in un prodotto finito. Presero tutto ciò che poteva essere copiato, riciclato o adattato da altri titoli Nintendo, pur lavorando a nuovi sviluppi.

A febbraio del 1985 decisero di chiamarlo Super Mario Bros., in modo da sfruttare il successo del videogioco precedente da sala giochi e comunicare al tempo stesso che si trattava di una cosa diversa. L’idea iniziale era di continuare ad avere un Mario di piccole dimensioni, ma si pensò poi che per rendere più vario il gioco si sarebbe potuto aggiungere un potenziamento per farlo diventare più grande. Furono scelti i funghi, traendo ispirazione da alcuni racconti popolari giapponesi nei quali si parla spesso di funghi dalle proprietà magiche.

Nei mesi seguenti si passò allo sviluppo dei singoli livelli con la scelta di renderli molto più colorati di quanto fossero i videogiochi fino ad allora. Le capacità del Famicom rendevano possibile qualche stratagemma grafico in più e così gli sfondi divennero azzurri invece che neri, con l’aggiunta di elementi colorati come cespugli, colline in lontananza e nuvole per dare meglio l’idea dello scorrimento della schermata man mano che Mario l’attraversava.

Considerate le molte novità rispetto ai videogiochi precedenti, Miyamoto e il suo gruppo di lavoro si chiesero se le regole del gioco fossero sufficientemente intuitive. Per renderle comprensibili, svilupparono il primo livello in modo che fosse una sorta di tutorial visivo, senza indicazioni scritte e privo di particolari pericoli per Mario, in modo da esplorarlo senza l’ansia di perdere subito la partita.

In pochi passaggi i giocatori scoprivano che si poteva saltare sopra i nemici per sconfiggerli e che Mario poteva correre e fare salti in ogni direzione, mentre un punto interrogativo molto evidente su alcuni blocchi suggeriva che colpendoli potesse succedere qualcosa, come ottenere un fungo che avrebbe fatto aumentare le dimensioni del protagonista. Muovendosi attraverso piattaforme, tubi e passaggi segreti, Mario attraversava mondi sempre più complessi e ricchi di nemici da sconfiggere, confrontandosi anche con Bowser, una minacciosa tartaruga col guscio irto di aculei, che aveva rapito la principessa da liberare per salvare il Regno dei Funghi.

Super Mario Bros. fu terminato nel mese di agosto del 1985 e il 13 settembre iniziò a essere venduto nei negozi in Giappone, seguito un mese dopo dall’apertura delle vendite nel Nordamerica. In Europa arrivò un paio di anni dopo, anche se alcuni trovarono il modo di ottenerlo prima per vie meno ufficiali. In Giappone fu un successo immediato, con circa 3 milioni di copie vendute in appena quattro mesi e un traino importante per la vendita della console Famicom. In meno di dieci anni avrebbe venduto più di 40 milioni di copie, diventando uno dei più grandi successi commerciali nella storia dei videogiochi.

L’accoglienza da parte della critica fu estremamente positiva sia per la versione per console, sia per quella per le sale giochi distribuita soprattutto negli Stati Uniti a partire dal 1986. Piacque lo spirito giocoso e leggero che trasmettevano la grafica e la musica rispetto ad altri videogiochi con ambientazioni più tetre, o comunque scadenti dal punto di vista della grafica. La semplicità scelta dal gruppo di lavoro di Miyamoto aveva permesso di sfruttare al meglio le capacità grafiche di Famicom, senza troppi dettagli che non avrebbero avuto una buona resa proprio a causa dei pochi pixel a disposizione. E poi c’era la musica, come raramente si era sentita in un videogioco fino ad allora.

L’aveva composta Koji Kondo, un ventiquattrenne che aveva iniziato a lavorare alle colonne sonore dei videogiochi di Nintendo nel 1984. Miyamoto voleva una musica che accompagnasse il gioco nelle sue evoluzioni, una sorta di ambiente sonoro che contribuisse all’esperienza, invece di essere una parte accessoria come fino ad allora avveniva spesso con i videogiochi. Kondo lavorò a sei tracce cercando di produrne di ritmate, che si adattassero alle fasi di gioco, ai movimenti di Mario e ai vari effetti sonori.

La traccia che richiese più tempo fu il tema principale, forse la musica da videogiochi più famosa di sempre insieme a quella di Tetris, altro enorme successo di Nintendo. Kondo disse in seguito di avere tratto ispirazione da una canzone di una band fusion giapponese, che in effetti ricorda in almeno un passaggio la famosa musica di Super Mario Bros. Il tema principale era orecchiabile e facile da individuare, e il fatto di sentirlo a più riprese durante il gioco contribuì di sicuro alla sua fama. Ancora oggi se si pensa a Super Mario Bros. viene in mente quella musica e se si sente quella musica si pensa a Super Mario Bros.

All’epoca Kondo fu sorpreso dal successo della sua composizione e si chiese se sarebbe riuscito a produrne altre di così orecchiabili in tutta la sua carriera. Anche se non raggiunse quei livelli di fama, ottenne un grande successo qualche tempo dopo quando fu diffuso The Legend of Zelda, altro importante videogioco degli anni Ottanta di Nintendo. Nel 2023 la colonna sonora di Super Mario Bros. fu selezionata dalla Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti per essere conservata nel National Recording Registry, la prima colonna sonora di un videogioco a essere scelta per quell’archivio.

Il grande successo di Super Mario Bros. fu ampiamente sfruttato da Nintendo, che in tre anni pubblicò Super Mario Bros. 2 e Super Mario Bros. 3, altri due importanti successi commerciali a conferma dell’interesse intorno al personaggio e a quel tipo di videogioco. Negli anni seguenti la serie si sarebbe arricchita con numerose altre edizioni, che hanno accompagnato le evoluzioni delle console di Nintendo. Ancora oggi Mario è tra i protagonisti più famosi dei videogiochi e Super Mario Bros. viene di frequente riproposto in edizioni speciali, compatibili con le console più recenti o per gli smartphone.

Su schermi ad altissima definizione rivive quella grafica piatta e un po’ spartana: per i più giovani è una scoperta quasi esotica, per altri è il ricordo di lunghe serate in salotti illuminati dal tubo catodico di un televisore, con gli occhi fissi su una manciata di pixel colorati che lo attraversano, intenti a salvare una principessa di un mondo lontano.

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