Non è una questione di frequenza ma dell’impatto che hanno le poche aziende che gestiscono buona parte della rete
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Martedì pomeriggio milioni di siti in giro per il mondo sono stati inaccessibili per alcune ore a causa di un problema tecnico di Cloudflare, uno dei principali servizi di gestione del traffico e di distribuzione dei contenuti online. Un mese fa era successo qualcosa di analogo a causa di un disservizio di Amazon Web Services, seguito dopo qualche giorno da un problema ai servizi di Microsoft Azure, senza contare l’avaria di alcuni sistemi di Google e di nuovo di Cloudflare lo scorso giugno, che avevano messo offline milioni di siti e i servizi di alcune delle principali piattaforme online.
L’impressione è che da qualche tempo Internet sia più fragile ed esposta a problemi tecnici di quanto fosse anni fa, ma i dati raccontano qualcosa di diverso e le avarie sono più che altro il segno di un cambiamento del modo in cui funziona la rete.
Secondo le analisi svolte da Cisco, una delle principali aziende di gestione delle reti, nel 2025 ci sono stati 12 casi di grandi avarie ai sistemi, cui si è aggiunto il problema tecnico di martedì a Cloudflare. Nel 2024 i guasti di grande portata erano stati 23, mentre nel 2023 erano stati 13 e nel 2022 appena una decina.
La quantità non è comunque l’unica cosa da guardare: alcuni problemi tecnici infatti sono più gravi di altri e possono avere conseguenze su scale più grandi. Un conto è non riuscire ad accendere una lampadina con un assistente vocale domestico, un altro è dover tenere a terra migliaia di aerei perché non funzionano i terminali delle compagnie aeree, come successo a luglio del 2024.
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Nell’ormai lunga storia di Internet i malfunzionamenti sono sempre stati comuni, ma è cambiato il loro impatto. Un tempo ogni sito faceva sostanzialmente per sé, aveva i propri computer (server) e a questi si collegavano direttamente gli utenti. Se i server smettevano di funzionare, il sito diventava irraggiungibile, ma il malfunzionamento non aveva un impatto sul resto della rete.
Oggi la maggior parte dei siti è invece gestita con forme ibride, con singole società che si occupano dei sistemi di distribuzione e gestione dei contenuti di milioni di siti. Questi servizi richiedono notevoli investimenti per la costruzione dei data center e delle infrastrutture, un costo che si possono permettere solamente le grandi aziende con una conseguente concentrazione del mercato in pochi soggetti. Ai livelli più alti non c’è quindi molta concorrenza e chi è interessato ad avere una presenza online tende a rivolgersi ai fornitori più grandi, favorendo il mantenimento di un oligopolio, con tutti i rischi di dipendenza, minore innovazione e potenziali vulnerabilità dei loro sistemi.
Se un errore o un attacco informatico mette fuori uso quei sistemi, diventano irraggiungibili in contemporanea tutti i siti e i servizi che gestiscono. AWS, Cloudflare e gli altri hanno diverse soluzioni per ridurre questo rischio, ma ci possono essere casi in cui un errore si propaga troppo velocemente e occorre più tempo per sistemarlo.
Almeno nella prima metà del 2025 i malfunzionamenti sono stati causati per lo più da errori di configurazione, dovuti per esempio all’aggiornamento di alcuni sistemi di questi servizi. A volte è sufficiente una modifica a poche righe di codice di un file per causare un errore che inizialmente passa inosservato, ma che col tempo accumula ulteriori errori portando infine al blocco dei sistemi come sembra sia avvenuto ieri con Cloudflare.
Il risultato di tutto questo è che oggi un malfunzionamento si nota molto di più perché riguarda in contemporanea un’enorme quantità di siti e servizi rispetto a quanto avveniva un tempo. Ciò contribuisce a far percepire Internet nel suo complesso più fragile, anche se in realtà presi singolarmente i siti e i servizi sono in media stabili o più stabili di quanto lo fossero quando non si usavano i sistemi odierni.
Secondo i più pessimisti, Internet come insieme di reti è meno “distribuita” di un tempo, proprio perché alcuni suoi nodi si sono ingranditi enormemente diventando una parte integrante che condiziona l’intero funzionamento della rete stessa. Questi nodi centralizzati esercitano un controllo significativo sul traffico, sulla disponibilità dei servizi e sulle infrastrutture fondamentali, rendendo Internet più vulnerabile a guasti, attacchi o decisioni aziendali che possono avere un impatto su scala globale. Al tempo stesso la centralizzazione ha permesso la creazione di sistemi più efficienti e gestibili, senza contare la possibilità di creare molti dei servizi di intelligenza artificiale che abbiamo imparato a conoscere negli ultimi anni.

