
Ho ascoltato il dibattito televisivo di martedì 18 novembre tra i due candidati delle principali coalizioni nelle ormai imminenti elezioni regionali della Campania e vorrei soffermarmi su un passaggio cruciale del confronto Fico-Cirielli. Alla domanda della conduttrice sull’emergenza sociale in Campania, i candidati non hanno di fatto dato risposta. Le loro attenzioni si sono focalizzate su singoli settori, oggi e da molto tempo in stato di sofferenza nella regione (trasporti, sanità, lavoro), ma né Fico né Cirielli hanno accennato a una visione d’insieme.
È utile anzitutto riepilogare i termini della questione sociale oggi in Campania, offrendo alcuni dati essenziali per cogliere l’entità del fenomeno. Secondo dati diffusi da Openpolis nel 2023, quasi la metà della popolazione è a rischio di povertà o esclusione sociale. Si tratta di un dato allarmante, il peggiore tra quelli regionali nel nostro paese, insieme alla Sicilia. Se si guarda ai dati Eurostat del 2024 su povertà ed esclusione sociale, la Campania si conferma, insieme alla Calabria, tra le aree più in difficoltà in Europa. La regione è stata poi eccezionalmente colpita dalla bolla turistica degli ultimi anni, con effetti diretti sul costo delle abitazioni. Secondo recenti rilevazioni dell’Ance, l’associazione nazionale dei costruttori edili, la città di Napoli è tra quelle in Italia con prezzi immobiliari (per l’acquisto e per l’affitto) meno accessibili in rapporto al reddito disponibile delle famiglie. Supera perfino Milano, nota per il boom immobiliare di tipo speculativo al centro delle cronache nazionali negli ultimi mesi. La crisi abitativa è particolarmente allarmante a Napoli, dove secondo dati del Comune il 44,09% della popolazione residente è in affitto, un dato due volte maggiore della media nazionale in Italia, che è del 19,99%.
Inoltre la Campania negli anni scorsi, a cominciare dalla prima metà degli anni 2010, è stata sottoposta a forti tagli imposti dalle politiche di austerità intraprese dai governi nazionali e implementate a livello territoriale dalle giunte regionali, in particolare negli anni della presidenza Caldoro e del primo mandato di De Luca, ma proseguite fino a oggi. Le politiche di austerità a livello regionale sono state accompagnate dai tagli strutturali ai finanziamenti comunali e da draconiani piani di rientro del debito, come il cosiddetto Patto per Napoli. I flussi di finanziamento per gli enti locali del meridione saranno nel prossimo futuro sempre più a rischio per il processo di autonomia differenziata che il governo in carica sta continuando a portare avanti, a dispetto delle (parziali) bocciature della Corte Costituzionale. Negli anni scorsi, le misure di cosiddetta austerità in Campania hanno riguardato i settori della sanità (chiusura di ospedali e presidi sanitari periferici), dei trasporti (tagli al trasporto pubblico locale, fino alla soppressione di linee fondamentali nei collegamenti extraurbani, in particolar modo nelle aree periferiche e interne del territorio regionale). Inoltre la Campania ha record negativi nella disponibilità di servizi primari come gli asili nido: secondo dati Istat del 2021 solo sette bambini su cento hanno accesso all’asilo nido, mentre in Toscana salgono a trentacinque. I costi delle politiche di austerità si sono trasferiti sui conti familiari, che devono attingere a risorse proprie già scarse per far fronte a servizi che in altre regioni sono forniti dalle amministrazioni pubbliche.
La disattenzione alla crisi sociale da parte delle principali coalizioni che concorrono per la guida della Regione Campania è tanto più sorprendente se si guarda a ciò che accade in queste settimane nelle elezioni locali in altri paesi. Negli Stati Uniti, il tema del rincaro nel costo della vita è diventato centrale nelle elezioni delle grandi città: ha consentito a un candidato indipendente come Zohran Mamdani di prevalere su un candidato potente, espressione dell’establishment tradizionale, come Mario Cuomo, grazie a una campagna che ha acceso gli entusiasmi della nuova generazione di attivisti emersa in questi anni intorno alle lotte per la casa e per i diritti delle minoranze. Il consenso ottenuto da Mamdani e l’ondata di partecipazione civica che la sua candidatura ha generato nasce dalla determinazione con cui Mamdani ha messo il contrasto a quella che negli Stati Uniti si chiama “crisi di affordability” al centro della propria agenda politica. La crisi di affordability indica l’aumento del divario tra prezzi dei beni di consumo primario e retribuzioni delle famiglie: ciò rende sempre più difficile a porzioni crescenti non solo delle classi con redditi più bassi ma anche del ceto medio di accedere a beni e servizi primari, come le abitazioni, l’alimentazione, i trasporti, le cure sanitarie a pagamento. Non solo negli Stati Uniti, ma anche in Europa e con particolar vigore nelle regioni dell’Europa meridionale, come evidenziano i dati sopra citati, l’aumento incontrollato dei prezzi di beni e servizi primari generato dalla crisi energetica e dall’inflazione sostenuta degli anni scorsi ha assottigliato, fino ad azzerarlo, il “reddito residuale” a disposizione delle famiglie, vale a dire la quota di reddito che le persone riescono a mettere da parte dopo aver compiuto le spese minime richieste per il proprio sostentamento (affitto, consumi energetici, alimentazione, mobilità, cure mediche).
La lontananza, emotiva e propositiva, dimostrata dai candidati delle principali coalizioni partitiche in Campania dai bisogni concreti di sempre più larghe fasce della popolazione oggi esposte al rischio di esclusione sociale e povertà con ogni probabilità troverà riscontro in percentuali record di astensione dal voto. Non ci sarà da sorprendersi se la percentuale di votanti sarà notevolmente più bassa del già esiguo 55% dell’elettorato che si recò alle urne nel 2020. La disaffezione dalla politica istituzionale è inevitabile se i grandi partiti si dimostrano indifferenti ai bisogni concreti della popolazione. Eppure, le amministrazioni regionali, che oggi hanno ampi poteri in settori cruciali della riproduzione sociale, come le politiche abitative, per i trasporti e per la sanità pubblica, potrebbero fare molto almeno per alleviare la sofferenza sociale nei nostri territori. (ugo rossi)

