Il Corriere dello Sport accompagna Napoli-Bologna di Supercoppa come un viaggio nel tempo lungo 43 giorni. Tanti ne sono passati dal punto più basso della gestione Conte, la sconfitta del Dall’Ara contro il Bologna, vissuta come una frattura profonda. Le parole durissime del tecnico, la frase simbolo “io morti non ne accompagno”, la fuga a Torino durante la sosta e le voci insistenti di tensioni con lo spogliatoio avevano fatto pensare a un declino irreversibile.
Poi, però, il cambio di rotta. Al rientro, contro l’Atalanta di Raffaele Palladino (alla prima panchina dopo Ivan Juric), Conte rivoluziona tutto: nuovo modulo, spazio a Neres e Lang, Politano fuori. Il Napoli travolge gli avversari ed è la svolta. Curiosamente, Conte aveva già battuto il Bologna all’esordio assoluto in azzurro, senza Scott McTominay e con un 3-4-2-1 cucito addosso alla squadra. Oggi, a Riyadh, il cerchio si chiude: stesso avversario, una finale in palio e la possibilità di confermare una tradizione personale. Conte ha già vinto due Supercoppe su due. Ora cerca la terza, per trasformare una crisi in un manifesto di rinascita.

