Ora che brilla, segna e si diverte, ora che di lui si parla anche in chiave nazionale, torna in auge la solita domanda su David Neres: perché prima giocava così poco? Perché era sacrificato al ruolo di semplice alternativa entrando pochi minuti e con poche chance dall’inizio? Una vera risposta non ci sarà mai, o forse sì. Intanto va detto che un Neres così forte e così incisivo – sei gol dalla sosta in poi, tre in Supercoppa – non si era mai visto. Forse perché questo è il ruolo perfetto per lui. Non esterno puro nel 4-3-3, spesso largo a destra e con tanti compiti difensivi, ma sottopunta nel 3-4-2-1, molto dentro al campo, vicino a Hojlund con cui dialoga e si diverte.
La prima svolta dunque è stata tattica. Il resto lo ha fatto il campo. Avendo subito inciso, Conte – per la legge della meritocrazia – non lo ha più tolto dal campo. L’altra questione è proprio il rendimento: nel 4-3-3 servivano anche altri pregi per gli esterni offensivi e Politano, in tal senso, si faceva spesso preferire. Poche volte Neres si è acceso da titolare. Lo aveva fatto spesso subentrando o in qualche gara dello scorso anno. Ma adesso è un protagonista e con pieno merito non esce più dal campo.

