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Ci sarà una nuova guerra dei browser?

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La prima “guerra dei browser” fu vinta da Microsoft. Durò dal 1995 al 2001 e interessò soprattutto due dei primi browser di successo, ovvero Netscape Navigator e Internet Explorer di Microsoft, appunto. All’epoca, il web era nato da poco e anche il concetto stesso di browser, cioè di programma per navigare in rete, era nuovo. Il primo browser della storia era stato sviluppato nel 1990 da Tim Berners-Lee, l’inventore del World Wide Web.

Col tempo, l’espansione della rete portò alla nascita di nuovi prodotti sempre più avanzati, come Firefox di Mozilla e Chrome di Google, protagonisti della seconda guerra dei browser che si svolse tra il 2004 e 2017. A vincerla fu Google, che da allora detiene circa il 68 per cento del mercato globale dei browser. Negli ultimi mesi, però, molte aziende hanno presentato o annunciato nuovi browser, tanto che c’è chi ritiene che stia per iniziare una nuova guerra nel settore.

Questi nuovi browser, a differenza dei precedenti, sono pensati per sfruttare le intelligenze artificiali generative e far interagire utente e chatbot. L’esempio più comune è AI Overview che da qualche mese compare su Google quando si fanno certe ricerche, e che risponde agli utenti con risposte testuali prima del solito elenco di siti. Tra le aziende che stanno lavorando a progetti simili ci sono due delle principali del settore AI, OpenAI (l’azienda di ChatGPT) e Perplexity, ma anche aziende specializzate nello sviluppo di browser, come The Browser Company e Opera.

– Leggi anche: C’è perplessità intorno a Perplexity

Secondo Reuters, OpenAI dovrebbe presentare il suo browser nelle prossime settimane. Del progetto non si sa ancora molto se non che sarà basato su ChatGPT e quindi in grado di fare ricerche, analizzare documenti e generare risposte. Anche Perplexity ha presentato un progetto simile, chiamato Comet e già disponibile su invito.

Quello di The Browser Company è invece un caso particolare. L’azienda nacque nel 2019 con lo scopo di sviluppare un nuovo browser, Arc, che fu reso disponibile nel 2023. Arc ebbe un moderato successo e fu apprezzato per alcune sue innovazioni.

Lo scorso maggio, però, The Browser Company ha deciso di interromperne l’aggiornamento in favore di un nuovo browser, Dia, basato anch’esso sulle AI e attualmente disponibile solo per alcuni utenti. «L’intelligenza artificiale non esisterà come un’app o un pulsante», si leggeva nel sito al momento del lancio del servizio. «Ci immaginiamo un ambiente completamente nuovo, costruito su un browser per il web».

Nelle stesse settimane anche Opera, azienda norvegese che dal 1996 sviluppa il browser omonimo, ha annunciato un progetto simile, chiamato Neon. Come ha notato il sito The Verge, Opera aveva già creato un browser con lo stesso nome nel 2017: all’epoca, però, serviva principalmente a sperimentare nuove soluzioni di design.

La rinnovata importanza assunta dai browser si spiega soprattutto con la raccolta dei dati degli utenti. La capacità di un browser di raccogliere informazioni sulle abitudini delle persone (a partire dalle ricerche che fanno) è il motivo principale per cui Chrome è stato un investimento di successo per Google. Sono proprio queste informazioni il vero obiettivo di tutte le aziende che stanno lavorando a nuovi browser, che ne hanno bisogno per migliorare i propri servizi e puntano a togliere centralità a Google Chrome.

Uno dei termini più utilizzati per descrivere questi nuovi browser è “agentico” (dall’inglese agentic), con cui si indica un tipo di AI in grado di prendere decisioni e svolgere azioni online al posto dell’utente. Lo scorso gennaio, OpenAI aveva presentato in anteprima Operator, un agente in grado di «occuparsi di una vasta gamma di attività ripetitive nel browser, come compilare moduli, ordinare la spesa o persino creare meme», e disponibile solo agli utenti Pro (il programma a pagamento di ChatGPT).

Il concetto di agente è da tempo oggetto di speculazioni nel settore, anche se i limiti tecnologici non permettono ancora alle AI di svolgere molti dei compiti promessi dalle aziende. Proprio per questo motivo, secondo un recente report della società di consulenza Gartner, più del 40 per cento dei progetti “agentici” venduti finora sarà interrotto o annullato entro il 2027.

Tra le attività che le AI sono già riuscite ad automatizzare, almeno in parte, c’è però la ricerca sul web. AI Overview ha avuto effetti profondi sul comportamento degli utenti su Google, e non solo. A causa di AI Overview, infatti, molti siti hanno registrato drastici cali del numero di visite che ricevono da Google (perché la risposta viene data direttamente nella prima pagina dei risultati di ricerca, e non serve più cliccare sui siti per leggerne il contenuto), con profonde conseguenze per i loro affari.

– Leggi anche: Cos’è questo “AI Overview” che vi appare su Google

Al tempo stesso, chatbot come ChatGPT e Google Gemini hanno cambiato le abitudini di milioni di utenti, che spesso li usano al posto dei motori di ricerca, ottenendo risposte dirette, senza bisogno di cliccare sui link né di visitare siti.

Secondo Josh Miller, CEO di The Browser Company, la funzione stessa del browser è destinata a cambiare: invece di caricare semplicemente le pagine web, questi software saranno sempre di più conversazionali e simili alle interfacce dei chatbot.

Secondo dati citati da Reuters, ChatGPT conta 500 milioni di utenti settimanali, un numero che sarebbe un ottimo punto di partenza per un nuovo browser. Convincere gli utenti a cambiare browser è però molto difficile: all’epoca di Chrome, Google ci riuscì proponendo un prodotto semplice e veloce, costruito attorno ai propri servizi, in modo simile a come oggi Perplexity e OpenAI puntano a basare i loro browser sulle intelligenze artificiali.

Infine, a spingere tante aziende a creare nuovi browser è il contesto normativo e legale attorno a Google. In questi mesi, l’azienda è impegnata in una causa di antitrust che potrebbe costringerla a vendere alcune proprietà, tra cui proprio Chrome. Sia OpenAI che Perplexity si sono già offerte di comprarlo, nel caso fosse messo in vendita.

Non è ovviamente detto che i browser basati sulle intelligenze artificiali abbiano successo. Negli anni passati, cambiamenti altrettanto profondi ispirarono progetti simili, che però non funzionarono: è il caso di RockMelt, uno dei tanti “social browser” nati in seguito alla diffusione di social network come Facebook e Twitter, attorno al 2009, che promettevano di ripensare la navigazione nel web ma furono presto dimenticati.

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