Da 0 a 10: il calcio champagne senza De Bruyne, la gelida analisi di Conte, la vera gara da vincere e l’incredibile statistica di Vanja

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Da 0 a 10: il calcio champagne senza De Bruyne, la gelida analisi di Conte, la vera gara da vincere e l’incredibile statistica di Vanja

Zero a Zero: Gianni Brera diceva che la partita più bella è quella che finisce zero a zero. Detto che i gusti so’ gusti, la frase di Brera ha in sé una porzione di verità per quel che riguarda il senso del gioco: l’esaltazione dell’intensità, le difese che prevalgono sull’attacco come in una partita a Risiko senza vincitori né vinti. Come disse Oronzo Canà: “Questo per noi è un punto d’oro”. 

Uno il tatuaggio della discordia, quello di cui si è parlato per una settimana intera. Spalletti, allenatore a maniche lunghe pro tempore della Juve (che dovrà conquistarsi sul campo la conferma). Luciano ha puntualizzato, ma la toppa è peggio ancora dello strappo. Basterebbe semplicemente evitare di fare false promesse, perchè il pallone di oggi ha ragioni del conto corrente che la ragione del cuore non conosce.

Due rigori consecutivi parati dal deterrente Milinkovic-Savic, che rende Vanja ogni speranza di Camarda prima, e Morata poi, dagli undici metri. Si staglia imponente sull’orizzonte di chi piazza il pallone sul dischetto, come sottofondo musicale risuona “Oops!…I Did It Again” di Britney Spears. Chiaro che la nomea che lo precede, rappresenta in qualche modo un ostacolo psicologico per chi va a calciare i rigori contro uno che ne ha parato 6 degli ultimi 10 rigori. Monumentale. 

Tre giorni per prepararsi al primo vero crocevia della stagione. Il Napoli che conosciamo, quello che ha saputo crescere gradualmente con la pazienza di chi non aveva alle spalle colossi o fondi internazionali, dipende inevitabilmente dagli introiti della Champions. Un piatto troppo ricco, a cui bisogna necessariamente attingere per sostentare le ambizioni e la visione di Aurelio De Laurentiis. Arriva l’Eintracht al Maradona, martedì, ed un risultato diverso dalla vittoria metterebbe il Napoli in una sorta di barile di Amontillado, come nel sadico racconto di Allan Poe: stretto tra due pareti senza apparente via d’uscita. Serve vincere. 

Quattro tre tre e De Bruyne fuori: avete visto che spettacolo? Che incontenibile McTominay, tutti rizelati dall’assenza di Kevin, additato da molti come una sorta di dazio in stile Trump che bloccava lo sviluppo della squadra di Conte. La verità, è ben altra. Perdere KDB vuol dire rinunciare alla sua capacità di vedere calcio, anche dove calcio non c’è, immaginando spazi e possibilità dove gli altri non ne vedono. I moduli nel calcio di oggi non esistono. 

Cinque cambi e qualche nuovo infortunio da aggiungere ad una lista in continuo aggiornamento. Si ferma Gilmour, qualche problema per Spinazzola e la sensazione di trovarsi sempre in emergenza. La Rosa allungata doveva mitigare queste problematiche, che sono invece sono più attuali del Torrone nel ponte del 2 novembre. Ci sono due certezze assolute nella vita: i parenti che ti chiedono quando ti sistemi e l’infermeria piena del Napoli.

Sei e mezzo all’approccio di Elmas che nel Napoli ha fatto qualsiasi ruolo: esterno d’attacco, mezzala, centravanti e pure regista per l’emergenza dopo il ko di Billy. Questa positività, questa voglia di rincorrere gli avversari quando si crea qualche buco lì dietro, avrà reso Conte molto felice. Ognuno può avere la propria opinione sul macedone, ma su una cosa dobbiamo essere tutti d’accordo: per difendere quella maglia, farebbe qualsiasi cosa. Eljif è la canna di bambù di Conte: duttile e resistente.

Sette al ritorno di Rrahmani, che nelle tre partite stagionali giocate può vantare una statistica unica: la squadra non ha mai subito gol. Importante il recupero di Amir, per chiarire le idee a qualcuno, per indirizzare la squadra verso una disciplina difensiva in cui il kosovaro è un letterato da premio Nobel. Come cantava Giorgia: “solo tu sei la cura per me”.

Otto all’intensità della squadra di Fabregas, ormai non più rivelazione del campionato ma solida realtà come nello sport di Roberto Carlino. Ha qualità, ha calciatori pagati fior di milioni, ha un tecnico che vuol riproporre in panchina lo stesso calcio di quando era in campo. Soldi al servizio delle idee e viceversa: attenzione allo sviluppo dei lariani, vera mina vagante da qui ai prossimi anni in Serie A.  

Nove ad una partita di poker, in cui i due giocatori si sono rispettati così tanto, al punto di non trovare mai il coraggio di andare all-in. Conte e Fabregas hanno evitato di scoprire i loro punti deboli, consapevoli che di fronte c’era chi non avrebbe perdonato nessuna fragilità. Può sembrare una partita noiosa, ma forse era tutto il meglio che si poteva attendere per i differenti momenti vissuti dalle due squadre. Napoli alle prese con la gestione di un calendario fitto, Como alle prese col sentirsi stabilmente una squadra da vertice: sensazioni mescolate in questo 0-0 fatto di tanta sostanza. “A te te piace a musica ‘o o’ fumm?”

Dieci giornate di campionato e tre di Champions ed ecco il primo pareggio stagionale: per la legge dei grandi numeri, era alle porte. Bene la tenuta difensiva, qualche preoccupazione in più sull’espressione offensiva della manovra: Hojlund ancora poco brillante, Neres purtroppo svogliato, Politano che poverino pare avere già la spia della riserva accesa e Lang ancora troppo timido in relazione alle dichiarazioni spavalde della presentazione. Bisogna dare più continuità ad una manovra che rischia di ristagnare troppo, anche contro una squadra che di spazi ne ha concessi come il Como.

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