Ogni storia ha un inizio ed una fine. E non può essere differente per quella di Giovanni Simeone al Napoli. Arrivato in azzurro con l’immagine di chi mise la parola fine ai sogni Scudetto, in quel di Firenze, ha contribuito poi alla vittoria di due campionati incredibili. Il Cholito ha collezionato 103 presenze in 3 stagioni, risultando decisivo soprattutto nella prima, sotto la guida di Spalletti. Un anno pressoché perfetto, in cui ogni attaccante – in base alle proprie caratteristiche – aveva ogni azione cucita su misura. Tanti i gol decisivi: a San Siro con il Milan per la consapevolezza, con la Roma al Maradona per l’allungo forse già decisivo, senza dimenticare il gol all’esordio in Champions nella lezione di calcio al Liverpool. Il secondo argentino della storia, dopo papà Diego, a realizzare 4 gol nelle prime 4 partite di Champions. Ma è soprattutto il secondo argentino, dopo Maradona, a vincere due Scudetti con la maglia del Napoli.
Simeone lascia tanto, tantissimo: una persona pulita, trasparente e sincera, che ha dato tutto per il Napoli mettendo sempre il collettivo davanti all’interesse personale. L’esempio lampante di come non siano solo i gol ed i trofei a fare sempre la differenza, come nell’ultima stagione, ma ancor prima l’uomo dietro il calciatore. Non il titolare, forse neanche la prima riserva nell’ultima stagione, ma tanto sacrificio, cuore. Tutto racchiuso in quell’intervento di testa contro la Juventus, pur di non lasciare il possesso del pallone agli avversari. Simeone, come Raspadori che è pronto a lasciare il ritiro, sono quei calciatori che hanno inciso nonostante il minutaggio, restando lì in silenzio a lavorare duro e ad aspettare la propria opportunità. Facendosi trovare quasi sempre pronti. Apprezzato dentro e fuori dal campo, non a caso è arrivato in maniera sentita il saluto anche da tutti i compagni di squadra. Lui sì, a differenza di altri, lascia un grande ricordo nello spogliatoio.