Martedì un giudice federale della California, negli Stati Uniti, ha condannato NSO, l’azienda israeliana che produce lo spyware Pegasus, a pagare 168 milioni di dollari di risarcimento (quasi 150 milioni di euro) al servizio di messaggistica WhatsApp, di proprietà di Meta: era accusata di averne sfruttato una falla per violare i messaggi di un centinaio di attivisti, giornalisti e dissidenti politici spiati per conto dei suoi clienti, che includono governi di decine di paesi. È la prima causa di questo tipo che NSO perde, e in cui è riconosciuta responsabile delle violazioni. NSO ha detto che farà ricorso. La falla nel sistema che decritta i messaggi era stata in seguito aggiustata da WhatsApp.
In un comunicato WhatsApp ha detto di non considerarsi «l’unico obiettivo» delle aziende di spyware e che «queste tecnologie malevole sono una minaccia all’intero ecosistema», cioè alle altre piattaforme che Pegasus negli anni ha violato o cercato di violare. Secondo i media e gli esperti, la sentenza di martedì esporrà NSO ad altri ricorsi simili. Peraltro nel corso della causa, iniziata nel 2019, dirigenti dell’azienda hanno detto che vengono spesi ogni anno tra i 50 e i 60 milioni di dollari (44 e 53 milioni di euro) per sviluppare nuovi «vettori», cioè modi per violare piattaforme e sistemi operativi. A dicembre lo stesso giudice aveva stabilito che NSO aveva violato i termini di servizio di WhatsApp.
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