I ritmi di lavoro cinesi della Silicon Valley

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I ritmi di lavoro cinesi della Silicon Valley

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Per molti anni il Burning Man è stato il punto di riferimento estivo per professionisti e imprenditori del settore tecnologico che lavorano a San Francisco, e che per qualche giorno si trasferiscono nel deserto del Nevada per partecipare al festival. Negli ultimi anni, però, secondo le stime degli organizzatori, il pubblico di Burning Man è diventato un po’ più vecchio: l’età media dei partecipanti è aumentata da 33 a 36 anni.

Tra i motivi c’è che «la maggior parte dei giovani fondatori di startup non beve e non fa festa: sono concentrati, lavorano molte ore, costruiscono brand e creano contenuti», come ha detto un’imprenditrice del settore al quotidiano San Francisco Standard. Questa dedizione al lavoro riguarda in particolare le aziende e le startup che si occupano di intelligenza artificiale, tra le quali si sta diffondendo un metodo di lavoro nato in Cina e fatto di turni massacranti, noto anche come “996”.

Le cifre che compongono il nome spiegano come funziona: si lavora dalle nove di mattina alle nove di sera, sei giorni alla settimana, per un totale di circa 72 ore settimanali, quasi il doppio delle 40 ore tipiche di un contratto di lavoro a tempo pieno.

Il cosiddetto regime 996 è nato in Cina, dove si è diffuso soprattutto tra le aziende tecnologiche locali, come ByteDance, Huawei e Alibaba, diventando col tempo sempre più controverso e criticato. I suoi orari sono contrari anche alle leggi sul lavoro cinesi e sono stati definiti una forma di «schiavitù moderna»: anche per questo, negli ultimi anni molti lavoratori hanno protestato e richiesto condizioni di lavoro migliori.

Nel 2021 la Corte suprema del popolo della Repubblica Popolare Cinese dichiarò questa pratica illegale dopo una serie di morti di giovani lavoratori, presumibilmente legate agli eccessivi orari di lavoro. Ciò nonostante, il metodo 996 è parte integrante della cultura di molte aziende cinesi ed è stato lodato anche da Jack Ma, fondatore di Alibaba, secondo il quale senza questo regime la Cina perderebbe «vitalità e forza».

Adrian Kinnersley, imprenditore che si occupa anche di reclutamento di personale specializzato nella Silicon Valley, ha spiegato a Wired che il regime 996 è «sempre più comune» tra i suoi clienti, per i quali la disponibilità a seguire questo orario è ormai un prerequisito fondamentale. Una startup che si occupa di AI, Rilla, precisa nei suoi annunci di lavoro che i candidati dovranno essere disposti a lavorare «almeno 70 ore alla settimana». Secondo il fondatore di un’altra azienda del settore, Sotira, «nei primi due anni di lavoro in una startup, in un certo senso, è necessario seguire il regime 996».

Che gli orari nelle startup statunitensi siano lunghi e stancanti non è di certo una novità. A essere cambiato, però, secondo uno dei responsabili di Rilla, è l’approccio delle nuove generazioni, che sono spesso disposte a sacrificare buona parte della loro vita per il lavoro, seguendo l’esempio di dedizione di imprenditori o sportivi come Steve Jobs, Bill Gates o Kobe Bryant.

Un altro personaggio influente in questo senso è stato Elon Musk, che negli ultimi anni ha imposto ai lavoratori delle sue aziende orari di lavoro massacranti, definiti da lui stesso «extremely hardcore». Nel caso di Twitter, azienda acquisita da Musk nel 2022, queste condizioni furono imposte dopo una serie di licenziamenti: chi non le accettava, perdeva a sua volta il posto di lavoro. Lo stesso Musk si è più volte vantato di aver dormito in ufficio (o nelle fabbriche di Tesla) nei momenti di maggior bisogno.

L’avvento dell’intelligenza artificiale ha accelerato l’adozione del regime 996. A partire dal debutto di ChatGPT, il settore tecnologico è stato interessato da enormi investimenti, che hanno reso la corsa alle AI ancora più competitiva e costretto alcune startup a imporre ritmi di lavoro sempre più alti per rimanere al passo. Quella delle AI è anche una questione cruciale per la sicurezza nazionale e sta alimentando la rivalità tra Stati Uniti e Cina.

È un drastico cambiamento rispetto al dibattito che interessò il settore tecnologico statunitense circa cinque anni fa, nei primi mesi della pandemia di Covid-19, quando molti lavoratori chiesero (e ottennero, in alcuni casi) condizioni di lavoro meno dure. All’epoca si discusse molto di equilibrio tra vita e lavoro, o dei molti casi di burnout, l’esaurimento psicofisico ed emotivo in ambito lavorativo, particolarmente diffuso in queste aziende. In alcuni casi, i lavoratori votarono per aderire a un sindacato, cosa piuttosto rara negli Stati Uniti (e ancor di più in questo settore).

Tutte queste richieste e battaglie politiche oggi sembrano essere scomparse dal panorama tecnologico, sia per i cambiamenti politici avvenuti da allora (come la vittoria di Donald Trump alle ultime elezioni), sia per l’esempio dato da Musk con X (l’ex Twitter), che ha dimostrato di poter gestire un’azienda con pochissimi dipendenti, imponendo loro condizioni massacranti ed evitando grosse ripercussioni.

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