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Nessuno si aspettava ChatGPT

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La sera del 30 novembre del 2022, giorno in cui ChatGPT fu messo online, si tenne una piccola festa nell’azienda che l’aveva sviluppato, OpenAI. L’evento però non era dedicato al chatbot, bensì al decennale di un paper scritto da alcuni dipendenti dell’azienda, tra cui il co-fondatore Ilya Sutskever. Nonostante l’atmosfera di festa, uno degli invitati notò un programmatore che lavorava duramente. Quando lo invitò a rilassarsi e a bersi un drink, quello gli rispose che non poteva: «Le GPU si stanno fondendo. Sta crashando tutto».

Nessuno, del resto, aveva puntato molto su ChatGPT: all’interno di OpenAI, il chatbot non era considerato un progetto particolarmente importante, e alcuni membri del consiglio di amministrazione non sapevano nemmeno che esistesse. Era una prova, o meglio un’«anteprima di ricerca», come l’ha definita Sandhini Agarwal, che si occupa di regolamentazione per l’azienda, intervistata nel libro Empire of AI della giornalista Karen Hao.

Questo atteggiamento non durò a lungo. Nonostante le scarse aspettative, infatti, ChatGPT ebbe un successo senza precedenti: in appena cinque giorni raggiunse il milione di utenti; in un mese, i cento milioni. La viralità iniziale lasciò il posto a un passaparola duraturo, che ha cambiato il settore tecnologico (e non solo), e innescato una corsa agli investimenti nel campo dell’intelligenza artificiale che è tuttora in corso. Tre anni dopo essere andato online, oggi ChatGPT è il chatbot più usato al mondo, con 800 milioni di utenti settimanali, e OpenAI è la startup con la valutazione più alta di sempre.

Nelle settimane che precedettero il giorno in cui ChatGPT andò online, però, l’azienda era in una situazione del tutto diversa. L’anno prima aveva subito un’importante perdita di personale quando un gruppo di ricercatori (guidato da Dario e Daniela Amodei) aveva lasciato OpenAI per fondare Anthropic, società nata in opposizione alla gestione di Sam Altman, accusato di aver adottato un approccio meno cauto e troppo spregiudicato.

La separazione rappresentò un duro colpo per OpenAI, che stava lavorando allo sviluppo di GPT-4, un modello linguistico estremamente avanzato. Malgrado la rottura, Altman continuò a puntare su questo modello, che nell’agosto del 2022 riuscì a superare con ottimi risultati un esame di biologia di livello universitario. «Le startup che fanno cose notevoli hanno bisogno di un miracolo», disse Altman dopo averlo presentato ad alcuni investitori, tra cui Microsoft. «A noi è appena successo».

Le ottime reazioni suscitate dallo sviluppo di GPT-4 convinsero Altman a puntare su un prodotto che da tempo rappresentava la sua ambizione più grande: un chatbot simile a quello del film Her di Spike Jonze, in cui il protagonista si innamora di un’AI con la voce di Scarlett Johansson. Her è una vecchia ossessione di Altman, che nel 2024 ha citato il film esplicitamente, pubblicando su X la parola “her” prima della presentazione di un nuovo modello particolarmente potente.

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L’idea di usare GPT-4 per il nuovo chatbot fu però accantonata per motivi di tempo. Altman aveva fretta: secondo alcune voci, infatti, anche Anthropic stava lavorando a un prodotto simile. Fu deciso così di velocizzare il processo e costruire un’«anteprima di ricerca» usando GPT-3.5, un modello più vecchio e meno potente di GPT-4. All’inizio si pensò di chiamare il servizio “Chat with GPT-3.5” ma alla fine si optò per il più breve “ChatGPT”. Fu una scelta veloce, per cui non fu richiesto il parere di esperti di marketing: l’importante era arrivare prima della concorrenza.

La notte prima che il chatbot andasse online fu tranquilla. In molti all’interno dell’azienda si aspettavano (o speravano) che ChatGPT ricevesse la stessa accoglienza di DALL-E 2, un modello per la generazione di immagini che OpenAI aveva presentato pochi mesi prima, con grande successo.

ChatGPT superò invece ogni aspettativa, oltrepassando ben presto i circoli ristretti degli appassionati di AI e di tecnologia, e diffondendosi tra utenti di ogni tipo. In quei primi giorni molte persone ebbero per la prima volta un’esperienza del tutto inedita: potevano parlare con un computer, che a sua volta li capiva e rispondeva, fornendo informazioni o generando contenuti di qualsiasi tipo. Sui social si diffusero screenshot in cui gli utenti chiedevano al chatbot di comporre poesie bizzarre o di inventare storie di ogni tipo.

ChatGPT si impose anche perché sfruttò una tecnologia relativamente nuova, il Transformer, che era stata presentata inizialmente in un paper del 2017 scritto da dei ricercatori di Google. Uno dei meccanismi alla base di questa tecnologia è la cosiddetta “self-attention” che, semplificando, permette di analizzare l’importanza di ogni parte di una sequenza di dati rispetto a tutte le altre parti della stessa sequenza, consentendo al sistema di comprendere il contesto anche in frasi lunghe.

Alla base del progresso dei modelli linguistici degli anni precedenti c’era anche l’utilizzo sempre più massiccio di GPU (o unità di elaborazione grafica), dei processori molto potenti prodotti da Nvidia. La scarsa disponibilità di questi chip fu sin da subito un problema per OpenAI, che fu costretta a sottrarre capacità di calcolo al team che stava sviluppando nuovi sistemi per consentire la fruizione di ChatGPT da parte di un pubblico più grande del previsto.

L’azienda si rivelò del tutto impreparata anche sul fronte della sicurezza: la divisione “trust and safety”, che si occupava della moderazione dei contenuti e della sicurezza dei suoi utenti, era composta da una dozzina di persone e sprovvista di molti strumenti necessari al suo lavoro. Quando il sistema andava in crash per l’eccessiva domanda da parte degli utenti di ChatGPT, anche gli stessi sistemi di sicurezza e monitoraggio dei contenuti andavano fuori uso.

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Nei mesi successivi l’azienda fu costretta ad allargare il proprio organico in fretta: entro l’estate del 2023, secondo Hao, assunse ogni settimana tra le trenta e le cinquanta persone, in un’espansione durata a lungo, che ha finito per cambiare profondamente la cultura aziendale di OpenAI.

Oltre a stravolgere per sempre il percorso di OpenAI, però, il successo di ChatGPT ebbe un notevole impatto anche sulle più grandi aziende del settore tecnologico, soprattutto Microsoft e Google.

La prima beneficiò inizialmente della notorietà di ChatGPT, visto che da tempo OpenAI aveva un accordo commerciale e industriale con l’azienda, soprattutto per l’utilizzo di Azure, la piattaforma cloud di Microsoft. Ciò detto, Microsoft fu anche sorpresa, perché da alcuni mesi stava lavorando per integrare GPT-4 in alcuni suoi servizi, come il motore di ricerca Bing. La fama di ChatGPT finì per eclissare il “nuovo” Bing potenziato con GPT-4, che fu reso disponibile nel febbraio del 2023 e causò un problema di immagine per l’azienda, quando il giornalista del New York Times Kevin Roose raccontò come il chatbot avesse provato a farlo divorziare da sua moglie.

Nel giro di pochi mesi l’equilibrio di poteri tra OpenAI e Microsoft mutò e le due aziende cominciarono di fatto a competere, almeno in parte, nello stesso settore. Le tensioni tra le due si sono viste anche recentemente, quando OpenAI ha finalmente ufficializzato la sua trasformazione in un’azienda vera e propria, abbandonando il modello non profit e rinegoziando il rapporto con Microsoft, che oggi controlla il 27% della nuova società.

Per Google, invece, ChatGPT costituì un rischio potenzialmente esistenziale, oltre che una beffa. Il chatbot, infatti, rappresentava un nuovo modo di trovare informazioni online, in cui gli utenti potevano ottenere direttamente informazioni da un’AI senza per forza passare da un motore di ricerca. Ma ChatGPT rappresentò anche una beffa perché Google investiva da tempo nel campo dell’intelligenza artificiale e aveva di fatto inventato la tecnologia alla base del chatbot di OpenAI, il Transformer, senza però sfruttarla. Già nel 2016 il CEO di Google, Sundar Pichai, aveva annunciato che l’azienda sarebbe diventata «AI-first»: a quell’annuncio, però, non seguì molto di concreto.

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Anche per questo, Google fu la prima a reagire. Poche settimane dopo che ChatGPT andò online, Pichai emise un “codice rosso” per rispondere al nuovo chatbot. E, soprattutto, iniziò una radicale trasformazione dell’azienda, sempre più incentrata sulla divisione Google DeepMind, guidata dall’esperto di AI e premio Nobel Demis Hassabis. Fu un processo lungo e tortuoso che però ha riportato Google all’avanguardia del settore, come dimostrato da alcuni prodotti recenti, tra cui Nano Banana e Gemini 3.

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