Da 0 a 10: la clamorosa gaffe di Conte, la scioccante mossa di Toppmöller, il cambio tardivo e l’irriconoscibile Hojlund

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Da 0 a 10: la clamorosa gaffe di Conte, la scioccante mossa di Toppmöller, il cambio tardivo e l’irriconoscibile Hojlund

Il Napoli pareggio 0-0 al Maradona contro l’Eintracht e complica i suoi piani europei. Azzurri sprecano qualche occasione con McTominay e Anguissa.

Zero a zero, ancora. Dopo il Como tutti, ma proprio tutti, pensavamo che quel pari potesse essere quasi propedeutico per una grande prestazione contro l’Eintracht, forse per questo la delusione è ancor maggiore dopo l’austero 0-0 coi tedeschi. C’è di buono, perchè bisogna sempre ricercare il lato positivo, che sono tre le gare consecutive che il Napoli non prende gol. Aggiornamento sul dato Rrahmani: quattro presenze in stagione e quattro volte porta inviolata. Quanto è mancato Amir. 

Uno il gol segnato nelle ultime tre uscite, su un calcio piazzato su colpo di testa pure deviato di Anguissa. Che, in questo momento esista un problema del gol è di facile intuizione, che serva dotarsi di nuove idee, percorrere nuove strade, inseguire nuovi concetti per sfuggire da questa noia, a tratti mortale, è inevitabile. Conte dice di aver creato tante occasioni, dichiarazione che risulta spiazzante, quasi come scoprire che la password di sicurezza del sistema di sorveglianza del Louvre fosse ‘Louvre’. Più mischie, che occasioni elaborate. 

Due assenze che hanno pesato, pesano e peseranno. Quando si giudica questa stagione, per onestà intellettuale, bisogna sempre tenere un gigantesco asterisco ed il motivo è semplice: ci si è ritrovati a cucire su modelli diversi gli abiti che erano stati cuciti su Lukaku e De Bruyne, che nelle intenzioni dovevano essere i perni di tutto il progetto, le leve che avrebbero fatto esclamare ‘Eureka’ in più occasioni. E invece no, ci si è trovati in un territorio straniero con molte meno certezze. “Come sa di sale lo pane altrui. E come è duro calle lo scendere e ’l salir per l’altrui scale”.

Tre giorni, giocare ogni tre giorni: Conte in conferenza fa un autogol clamoroso, parla di un club che deve abituarsi a giocare ogni tre giorni. Ma che dici Antonio! Sono 16 anni che il Napoli sta stabilmente in Europa come i napoletani a Mykonos d’estate, è il suo habitat naturale e due anni fa si giocava l’accesso alla semifinale di Champions! Forse Conte in quel passaggio fa un’inversione dei soggetti: semmai è lui, al Napoli, che deve abituarsi al doppio impegno dopo lo scorso anno in cui, eccezionalmente, la squadra era fuori dalle Coppe. I tifosi del Napoli non devono essere presi in giro, manco da te Antonio. Qui hai toppato. 

Quattro per quattro. No, il Napoli versione Champions non ha le ruote motrici della Panda che sapeva inerpicarsi pure sulle pendenze più ripide del pianeta. Quattro sono i punti in quattro uscite, una media che non racconta nessuna prospettiva buona se proiettata alla fine della prima fase. Bisogna cambiare passo, essere più liberi di testa, smettere di fare troppi calcoli in una competizione dove chi osa ha più possibilità di trionfare dei prudenti. “Non aver mai alcun tipo di piano, neanche l’ombra. Sai perché? Se elabori un piano la vita non va mai nel verso che vuoi tu”.

Cinque a Hojlund, irriconoscibile al punto di non riuscire nemmeno a sbloccare l’Iphone col riconoscimento facciale. Sempre in ritardo nell’attacco alla porta, incapace di tenere su un pallone che sia uno, svagato nella lettura dello sviluppo dell’azione. Maledetto sia affaticamento, che evidentemente un affaticamento non era ma qualcosa di più complesso. Lontanissimo dalla condizione straripante in cui l’avevamo lasciato. Dalla sua ha la giovane età, che gli permetterà di tornare a splendere in tempi brevi. Torna Rasmus!

Sei e mezzo a Lang, che entra troppo tardi per quello che era il grido disperato della perdita che implorava: vivacità! Conte gli concede una quindicina di minuti e col senno del poi è un vero peccato: entra con personalità, prova il dribbling e mette un paio di palloni davvero interessanti. Ha pagato dazio in avvio, ma i segnali di un inserimento ormai completato iniziano ad esserci. Ora manca un altro elemento essenziale: la fiducia del mister. Merita di giocare titolare, già a Bologna. 

Sette-tre, come i minuti che Conte attende per mescolare le carte sul piano tattico. Con l’Eintracht che si era autoimposto il  divieto di superare il centrocampo, difficilmente spiegabile accettare che la partita si spegnesse lentamente sullo 0-0, senza provare a far saltare il banco. Come guardare un episodio della Signora in Giallo, che hanno tutti la stessa trama, e attendere inermi che, alla fine, eri tu quello assassinato. 

Otto partite nel girone, quatto sono già andate e c’è la sensazione di dover stravolgere la tabella di marcia. Bisognerà andare a vincere, dopo sulla carta pensavi ti potesse bastare un pareggio. Poco margine di manovra, pochi calcoli da fare, tanta invece la pressione su una squadra che, Conte non può negarlo, sulla carta è molto più forte sia del Psv che dell’Eintracht. E, invece, 1 punto solo in 2 partite. Qualche colpa potrebbe anche iniziare a darsela, o almeno condividerla. 

Nove come i novanta minuti giocati da Di Lorenzo, che in campionato non ha mai rifiatato e in Champion è rimasto fuori solo per l’espulsione a Manchester. E tutta quella fatica la senti nel motore che non ha il solito ruggito, perchè gli anni passano pure per l’ineffabile capitano. Non è un caso se il Napoli abbia seguito Juanlu per tre mesi, senza riuscire a prendere. Dire che il capitano non sia stanco è una una balla ai livelli di quella di Calboni a Fantozzi e Filini nel night club: “Sono Tutte Signore dell’ Alta Aristocrazia Borghese!”

Dieci uomini nella propria trequarti. Ispirandosi al granitico calcio di Walter Mazzarri ai tempi della Reggina, Toppmöller omaggia i grandi catenacciari della storia e gioca una partita priva di ogni velleità, dove il desiderio viene azzerato e l’impulso offensivo ridotto ad una candela accesa nella galleria del vento. Imbarazzante l’atteggiamento nichilista che omaggia la filosofia di Nietzsche: c’è una totale assenza di scopo nella gara, solo una lunga e oscillante attesa verso il fischio finale per portare a casa il punticino. Ammazza che noia. 

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