Dalla memoria all’azione. Un’assemblea del movimento Basta Impianti nell’Agro Caleno

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Dalla memoria all’azione. Un’assemblea del movimento Basta Impianti nell’Agro Caleno
(disegno di mattia vincenzo abbruzzese)

Diluvia, per un momento quasi grandina. È il 2 dicembre e un freddo umido si è cristallizzato sulla città da qualche giorno. Sono le venti circa. Io e Mel, quasi completamente zuppi, ci infiliamo in una vecchia Clio, asciughiamo alla buona il taccuino e la macchina fotografica e partiamo in direzione Bellona, un comune di quasi seimila abitanti in provincia di Caserta, in un lembo dellAgro Stellato. Stasera si terrà un’assemblea pubblica indetta dal movimento Basta Impianti, cresciuto nelle campagne dellAgro Caleno, dove da anni si consuma la convivenza forzata con siti di stoccaggio, impianti di trattamento rifiuti e progetti industriali ad alto impatto. Partecipano residenti e attivisti che si oppongono allidea di un territorio condannato a essere “compromesso”.

L’oscurità e la condensa sul parabrezza filtrano un paesaggio quasi inosservabile fino all’ingresso nel borgo, dove le luci di Natale restituiscono un po’ di opaca visibilità. Entriamo nel teatro parrocchiale alle spalle della chiesa di San Secondino. Nella lunga sala alcune decine di persone tra tavoli di plastica ricoperti da incerate verdi, formano un’ovale di sedie; il microfono è aperto e già si susseguono gli interventi moderati da un ragazzo dai capelli lunghi seduto accanto all’amplificatore. Alle sue spalle un lungo striscione plastificato con il lettering in maiuscolo “Basta Impianti”.

Ancora umidi prendiamo posto e ascoltiamo Pasquale, un attivista: «Noi ci dobbiamo sentire tutti in dovere di parlare di ciò che è malato. Sono stato fuori le scuole per parlare ai genitori dell’urgenza, dell’importanza del corteo del 13 dicembre a Vitulazio. Le autorizzazioni per nuovi impianti portano noi cittadini ad ammalarci sempre di più per cui, cari genitori, non è solo una questione di senso civico partecipare a questa battaglia, voi lottate per evitare un pericolo che vi tocca direttamente. C’è stato tra loro chi mi ha risposto che da queste parti la monnezza o si sotterra o s’appiccia. Che cosa può insegnare un genitore così a suo figlio? C’è chi pensa che il diritto di proprietà legittimi qualsiasi tipo di brutalità, ma la terra non ha padroni. Noi siamo di passaggio, lo dobbiamo alle future generazioni. Stasera siamo in tanti e dobbiamo essere ancora di più». Dopo di lui parla Clemente Carlino, che è stato assessore del comune di Grazzanise al tempo delle “ecoballe”. «Questa terra – dice – è stata scelta come il “buco dove sversare”. Tutti questi luoghi sono stati considerati tali, da Santa Maria Capua Vetere a Cancello e Arnone, da Borgo Appio a Grazzanise, questa è la nostra condizione da tempo. Ora sappiamo che ci sarà un ampliamento da quattro a nove vasche nell’impianto di biogas di Arianova a Pignataro Maggiore, tra l’altro ci dicono che è un impianto non impattante… Balle! Non ci sta niente da fare, noi siamo condannati alla ribellione! Ma non dobbiamo fermarci qua. Io dico che dobbiamo andare più in là dell’Agro Caleno e unirci con tutti i luoghi di sofferenza ambientale, fino al litorale domizio…». La chiusura dell’intervento è accolta da applausi, e qualche colpo di tosse.

L’intervento successivo è del neoeletto consigliere regionale Raffaele Aveta del Movimento 5 Stelle. Parla della sua vicinanza alla causa,  del suo interesse alle politiche ambientali e sanitarie, di una serie di casi che ha seguito personalmente; si definisce “ambientalista militante”. «Forse – dice a un certo punto – a Caserta c’è qualcuno che vuole davvero fare politica come servizio alla comunità…». Una voce si leva in fondo alla sala: «Sì, ma non a parole, che pensa di fare la Regione?». Risponde Aveta: «Sicuramente non dare in gestione siti di stoccaggio a società con capitale sociale quasi nullo, quelle sono truffe!».

A questo punto un cellulare suona rompendo per qualche istante il silenzio durante il cambio al microfono. Getto uno sguardo in fondo alla sala verso il gruppo di non più giovanissimi signori da cui era partito il commento. La storicità del fenomeno Terra dei fuochi sta nelle loro rughe… Proprio qualche giorno prima, il dottor Marfella, oncologo, membro di Medici per l’ambiente, che da anni si occupa di questi temi, mi aveva raccontato l’aspetto dinamico di questo fenomeno industriale, un’anatomia articolata in sei fasi distinte.

La prima fase (1980-2014) è quella degli sversamenti. Per decenni, rifiuti speciali e tossici, in larga parte provenienti dal Nord, sono stati interrati o abbandonati al Sud. Un ciclo interrotto solo nel 2014 dall’introduzione dei primi delitti ambientali. Questo segna l’inizio della seconda fase (2014-2019). Quelle norme, focalizzando la pena sui roghi ai bordi stradali, hanno prodotto un effetto perverso: i fuochi tossici si sono semplicemente spostati all’interno di depositi e siti di stoccaggio, spesso localizzati al Nord, invertendo di fatto la rotta prevalente del traffico illecito. La terza fase (2020-2022) si apre con la pausa forzata del lockdown, che spegne tutto per un po’. Alla ripresa, in assenza di impianti campani per i rifiuti speciali, il sistema reagisce esternalizzando il problema: parte un flusso massiccio e scarsamente controllato di rifiuti verso l’estero. Ma l’aumento dei costi di trasporto porta alla quarta fase (2021-2022): non conviene più esportare. Si torna quindi all’antico, ai roghi tossici locali.

È una crisi globale, quella energetica, a innescare la quinta fase (2022-2023). Da agosto 2022, il caro bollette paralizza anche le attività illegali. I roghi cessano, non per un’azione repressiva, ma per semplice insostenibilità economica. Ora viviamo la sesta fase (2022-2025), quella dell’attesa. Si attende l’operatività del sistema informatico di tracciabilità dei rifiuti RenTRi. Un’attesa che potrebbe durare ancora anni.

Ritorno con lo sguardo al microfono perché intanto, ha preso la parola il ragazzo coi capelli lunghi che siede accanto all’amplificatore, si chiama Dario. «Diamo battaglia da trent’anni nei nostri territori – dice –, siamo disposti a rivoltarli come calzini per seguire gli sviluppi di queste vicende, senza mollare di un centimetro. Non siamo Nimby (not in my backyard, non nel mio cortile), per cui proseguiremo dialogando con tutte le parti coinvolte e interessate a sostenere le istanze di questo movimento, dentro e fuori l’Agro Caleno». Poi, rivolgendosi al neo consigliere, prosegue: «La prossima volta però ci portiamo il cronometro per gli interventi – e aggiunge sorridendo –, e adesso lascio il microfono per i venticinque minuti dedicati a Ignazio…». Risate, qualche applauso. Ignazio è seduto proprio lì accanto. È un medico, appare preoccupato: «Vorrei far passare un messaggio, oggi è difficile… Dal ’98, dai tempi del centro sociale Tempo Rosso di Pignataro Maggiore, noi ci siamo. C’eravamo con la bonifica conquistata a Bellona, ma eravamo tanti comitati. Oggi invece c’è un movimento, sta cambiando il tipo di attacco. L’Agro Aversano è stata la Terra dei fuochi parte uno, qui si sta per osservare la parte due. C’è una mappatura che stiamo realizzando che mette in relazione l’incidenza tumorale e la concentrazione di impianti nella zona. Mappiamo anche i roghi. Perché la gente che vive di monnezza, nomi e cognomi, sono sempre gli stessi o amici loro.  Tra non molto apriranno il nono impianto di stoccaggio tessile a Vitulazio. In una zona che già presenta un aumento della diffusione e dove l’età di contrazione tumorale si abbassa ancora: non solo abbiamo più casi ma avvengono anche prima; andremo a dire a una donna trentenne che non potrà avere figli per questo… L’obiettivo del corteo del 13 dicembre sarà di incontrare il governatore Fico. Perché deve essere riconosciuta la straordinarietà del problema. Ci giochiamo il titolo di zona straordinaria, speriamo di non giocarci quello di Terra dei fuochi bis. Noi qui parliamo di impianti che stoccano, mettono “in garage” il rifiuto. Basta impianti, siamo saturi! Ci va più che bene un solo sito di riciclaggio adeguatamente controllato e monitorato, ma che sia funzionale alla chiusura degli altri quaranta. A Sparanise, a breve realizzeranno altri due impianti e a Vitulazio altrettanti nuovi siti per rifiuti tessili. Sappiamo che sono stati sequestrati per illeciti proprio due impianti tessili in loco, degli otto presenti. Il buon senso mi porta a dire: controlliamo anche gli altri sei. Noi chiediamo il ritiro delle concessioni per quelli sequestrati e il controllo di tutti gli altri attivi. Chiediamo una valutazione di impatto ambientale per rischio cumulativo. Siamo in condizioni di saturazione ambientale…». Il discorso di Ignazio prosegue ancora e si conclude con un lungo applauso.

Gli ultimi interventi sono di Enzo Palmesano, giornalista di Pignataro Maggiore noto per le sue inchieste contro la criminalità organizzata e le ritorsioni subite dalla camorra, il quale racconta due importanti roghi avvenuti a Bellona nel 2012 e nel 2017: «Il 29 dicembre 2017 la popolazione disse basta e con una delegazione sostanziosa si presentò sotto il municipio. C’erano attivisti, sì, ma c’erano anche i malati di tumore, i familiari delle vittime, diverse persone anziane. Chiedevamo risposte. La reazione delle istituzioni in quella circostanza fu di chiamare i carabinieri. Sono andati sotto processo diversi di quei malati. Undici persone assolte recentemente perché il fatto non sussiste. Per questo sono contento che questa riunione si faccia proprio qui a Bellona. Abbiamo il timore che il 13 dicembre a Vitulazio possa essere usata larma della repressione, i segnali ci sono… Questo è il movimento più importante nato in questa provincia nell’ultimo quarto di secolo, c’è gente da tutta Italia che si sta chiedendo che sta succedendo nell’alto casertano. I sindaci pro-impianti, in queste zone compromesse, sono nemici, non avversari politici».

I vestiti sono quasi asciutti, lassemblea è finita. Usciamo: non piove più e la brina sullAgro Stellato si solleva, restituendo un paesaggio in bilico tra la memoria di chi ha lottato e lattesa delle prossime azioni concrete di un’intera comunità. (edoardo benassai)

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