Il misterioso dispositivo a cui sta lavorando OpenAI

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Il misterioso dispositivo a cui sta lavorando OpenAI

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Mercoledì scorso OpenAI, l’azienda sviluppatrice di ChatGPT, ha annunciato l’acquisizione per 6,5 miliardi di dollari di io, una società fondata da ex dipendenti di Apple, tra cui Jony Ive. Ive è un progettista britannico noto per aver curato il design dei prodotti di maggior successo di Apple, come iMac, iPod e iPhone, sotto la direzione di Steve Jobs. Dopo aver lasciato Apple nel 2019, Ive aveva fondato LoveFrom, uno studio di design, e nel 2024 ha fondato io, con l’obiettivo di progettare dispositivi elettronici.

In base all’accordo tra le due società, il team di io andrà a lavorare per OpenAI. Insieme all’annuncio dell’acquisizione, OpenAI ha pubblicato un video di 9 minuti che racconta vagamente quello a cui le due aziende stanno lavorando. Altman l’ha definito «il prodotto tecnologico più fico che il mondo abbia mai visto». I toni solenni ed enfatici del video hanno contribuito ad alimentare il già grande interesse per il progetto, e far uscire online alcune ipotesi e indiscrezioni.

«Due anni fa io e Jony abbiamo cominciato a pensare a come sarebbe stato il futuro delle AI e di un nuovo tipo di computer», spiega Altman nel video. La missione delle due aziende, spiega, è capire come «creare una famiglia di dispositivi che permettano alle persone di usare le intelligenze artificiali». Il primo dispositivo di questa “famiglia”, dice Ive, ha «completamente catturato la nostra immaginazione» e sarebbe «il lavoro migliore» che il suo team – che è composto da altri ingegneri che avevano lavorato insieme per Apple come Scott Cannon, Evans Hankey e Tang Tan – abbia mai fatto.

Ive ha sottolineato l’esigenza di una nuova categoria di prodotti, perché quelli che oggi usiamo per interagire con le AI «sono vecchi di decenni». Ive si è inoltre riferito agli smartphone e ai computer in uso oggi come a dei «prodotti obsoleti», una dichiarazione che è stata interpretata da alcuni come una critica velata ad Apple.

Presentando l’acquisizione di io, Altman ha detto di aspettarsi di vendere 100 milioni di unità di questo nuovo dispositivo «più velocemente di qualsiasi altra azienda prima di oggi». L’obiettivo dichiarato è infatti quello di vendere un dispositivo che sia «per chiunque», non «per una piccola percentuale della popolazione». Altman è noto per le sue dichiarazioni forti ma finora ha avuto buoni motivi per farlo: ChatGPT ha in media 400 milioni di utenti alla settimana (di cui circa 10 milioni di paganti). Ad appena due mesi dal suo lancio, a inizio 2023, raggiunse 100 milioni di utenti mensili in tempo record (per poi essere battuta a sua volta qualche mese dopo da Threads).

Altman ha raccontato che sta testando da un po’ il nuovo dispositivo, ed è come avere accesso a un gruppo di persone geniali, sei «due o tre volte più produttivo di quello che eri prima», e il motivo è che hai «questo incredibile cervello esterno». Il video finisce con una scritta che dice che le due aziende non vedono l’ora di condividere il loro lavoro l’anno prossimo.

Secondo indiscrezioni ottenute dal Wall Street Journal, che ha parlato con alcuni dipendenti di OpenAI, l’apparecchio non avrà uno schermo e sarà abbastanza piccolo da poter essere tenuto in tasca. Non sarà né uno smartphone né un paio di occhiali intelligenti, piuttosto un «companion», un dispositivo da portare sempre con sé, la cui funzione – almeno inizialmente – non sarà di sostituire gli smartphone quanto di affermarsi come «terzo dispositivo che una persona mette sulla scrivania dopo un MacBook Pro e un iPhone».

Ming-Chi Kuo, un analista noto per le sue anticipazioni sulle novità di Apple, ha scritto su X che il prototipo attuale di OpenAI è più piccolo di uno smartphone con una forma simile a quella dell’iPod Shuffle, il più piccolo iPod mai prodotto da Apple. Il prototipo sarebbe indossabile (anche al collo, come una collana), dotato di telecamere e microfoni, e in grado di funzionare collegandosi a computer o smartphone, probabilmente via Bluetooth.

Non si tratta esattamente di un’idea nuova. A fine 2023, una startup chiamata Humane presentò AI Pin, un dispositivo simile a una spilla con cui era possibile interagire con la voce, ottenendo informazioni di vario tipo. Pochi mesi dopo, un’altra azienda, Rabbit, presentò R1, un dispositivo più grande, colorato e dotato di schermo, che prometteva risultati simili. Entrambi i prodotti furono bocciati dalla critica e dagli utenti: lo youtuber Marques Brownlee, noto per le sue recensioni tecnologiche, definì l’AI Pin di Humane «il peggior prodotto che abbia mai recensito» e il Rabbit R1 «a malapena recensibile».

Da allora sono usciti altri gadget che rientrano nella categoria dei “wearables”, dispositivi indossabili come gli smartwatch e gli smart glasses. Prodotti recenti come Bee Pioneer, Limitless Pendant e Plaud NotePin sono tutti più piccoli di uno smartphone, senza schermo, pensati per essere appesi al collo o tenuti in tasca. La loro funzione principale è registrare ciò che viene detto dai suoi utenti, facendo da assistenti personali.

Nonostante lo sviluppo di questa categoria, però, i fallimenti di Rabbit e Humane aleggiano ancora su tutto il settore, tanto che Ive stesso, questa settimana, ha preso le distanze da quei prodotti, definendoli «pessimi». Altman, invece, fu uno dei primi investitori di Humane, che a febbraio è stata svenduta a HP.

Tra i principali problemi di AI Pin e Rabbit R1, infatti, c’erano il surriscaldamento del dispositivo e la lentezza nella trasmissione dei dati e nell’elaborazione delle risposte, che minavano alle fondamenta il tipo di utilizzo che era stato pubblicizzato dalle aziende. Nonostante il progresso degli ultimi anni, inoltre, i modelli linguistici che sono alla base del funzionamento dei chatbot hanno ancora un problema di “allucinazioni”, errori fattuali spesso imprevedibili e non giustificati. Infine questi dispositivi, sempre accesi e in perenne ascolto, pongono evidenti problemi relativi alla privacy sia degli utenti che delle altre persone con cui interagiscono.

Lo scorso febbraio, Ive aveva motivato la collaborazione con Altman anche con il desiderio di riparare alle «conseguenze impreviste» della diffusione degli smartphone. La stessa Humane, del resto, fu fondata da due transfughi di Apple, Bethany Bongiorno e Imran Chaudhri, che dichiararono subito di voler creare un prodotto utile quanto un iPhone, ma senza le sue caratteristiche capaci di dare dipendenza. L’impressione è che alla base di questo tipo di prodotti, detti non a caso «post-smartphone», ci sia una presa di coscienza da parte di chi ha contribuito a crearli. È innanzitutto per questo che non hanno uno schermo ma sfruttano altre tecnologie per comunicare con l’utente.

Per Altman invece l’obiettivo sembra essere un altro. Da tempo, infatti, il capo di OpenAI fa riferimento a Her, un film del 2013 di Spike Jonze, in cui il protagonista (Joaquin Phoenix) si innamora di una AI molto avanzata e realistica (doppiata da Scarlett Johansson nella versione originale). Altman sembra convinto che il futuro di ChatGPT sia in un prodotto simile, in grado di seguire l’utente in ogni momento della sua vita. Già prima dell’annuncio di questa settimana, aveva parlato pubblicamente di un futuro in cui le AI conosceranno «ogni conversazione che hai avuto in tutta la vita, ogni libro che hai letto, ogni mail che hai mandato».

Della sua passione per Her si discusse molto un anno fa quando, poco prima che OpenAI presentasse un chatbot in grado di esprimersi anche a voce, Altman pubblicò un tweet con una sola parola: «her». Nei giorni successivi Scarlett Johansson raccontò di essere stata contattata da OpenAI, che chiedeva di poter utilizzare la sua voce nella nuova AI. Johansson rifiutò ma alla fine OpenAI usò comunque una voce ritenuta molto simile alla sua.

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