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La parola della settimana. Fondo
(disegno di ottoeffe)

Il secchio gli disse,
gli disse: “Signore,
il pozzo è profondo.
Più fondo del fondo degli occhi,
della notte e del pianto”.
Lui disse: “Mi basta,
mi basta che sia più profondo di me”.
(fabrizio de andrè,
andrea)

Ha girato molto in questi giorni un articolo scritto dal geologo Benedetto De Vivo e dal tossicologo Maurizio Manno che spiega cosa stanno rischiando di combinare il governo Meloni, il sindaco Manfredi e tutta la struttura commissariale per la bonifica e rigenerazione di Bagnoli, smuovendo il fondo delle acque che circondano la colmata a mare. Un disastro ambientale che segue quello politico, abbiamo titolato su Monitor, un andarsi a cercare la catastrofe con le proprie mani, scavando lì dove non c’è da scavare.

(credits in nota 1)

Isaura, città dai mille pozzi, si presume sorga sopra un profondo lago sotterraneo. Dappertutto dove gli abitanti scavando nella terra lunghi buchi verticali sono riusciti a tirar su dell’acqua, fin là e non oltre si è estesa la città: il suo perimetro verdeggiante ripete quello delle rive buie del lago sepolto, un paesaggio invisibile condiziona quello visibile, tutto ciò che si muove al sole è spinto dall’onda che batte chiusa sotto il cielo calcareo della roccia. Di conseguenza religioni di due specie si dànno a Isaura. Gli dei della città, secondo alcuni, abitano nella profondità, nel lago nero che nutre le vene sotterranee. Secondo altri gli dei abitano nei secchi che risalgono appesi alla fune quando appaiono fuori della vera dei pozzi, nelle carrucole che girano, negli argani delle norie, nelle leve delle pompe, nelle pale dei mulini a vento che tirano su l’acqua delle trivellazioni, nei castelli di traliccio che reggono l’avvitarsi delle sonde, nei serbatoi pensili sopra i tetti in cima a trampoli, negli archi sottili degli acquedotti, in tutte le colonne d’acqua, i tubi verticali, i saliscendi, i troppopieni, su fino alle girandole che sormontano le aeree impalcature d’Isaura, città che si muove tutta verso l’alto. (italo calvino, le città invisibili)

Ha ufficialmente chiuso le proprie attività, a inizio di questa settimana, Scion Capital, il fondo finanziario statunitense di Michael Burry, diventato celebre grazie al film The Big Short (La grande scommessa) sulla crisi finanziaria dei subprime del 2008. La decisione sarebbe maturata in un contesto di preoccupazione diffusa a Wall Street rispetto alle valutazioni gonfiate raggiunte in borsa dai giganti della tecnologia e dell’Intelligenza Artificiale.

Burry aveva ottenuto fama e successo per aver previsto lo scoppio della bolla immobiliare negli Stati Uniti, un cataclisma finanziario che aveva portato a un quasi-crollo del sistema economico internazionale e aperto una stagione di tutt’ora attive crisi strutturali. Nell’ultimo anno aveva perso diversi milioni di euro per aver scommesso contro aziende come Nvidia e Palantir e forse anche per questo ha deciso di restituire i capitali agli investitori e ritirarsi. Le sue accuse sono comunque piuttosto pesanti:

L’investitore ha pubblicato su X un’analisi dettagliata in cui sostiene che le grandi società tecnologiche stiano manipolando i loro bilanci attraverso un trucco contabile apparentemente semplice ma dalle conseguenze enormi. Burry accusa gli hyperscaler, termine che identifica i principali fornitori di infrastrutture cloud e AI come Microsoft, Meta, Google, Amazon e Oracle, di sottostimare artificialmente l’ammortamento dei loro asset tecnologici. In pratica, secondo Burry, questi gruppi avrebbero esteso la vita utile stimata dei loro chip e server da tre anni a sei anni, permettendo di spalmare i costi su un periodo più lungo e gonfiare i profitti nel breve termine. Secondo il celebre investitore si tratterebbe di “una delle frodi più comuni dell’era moderna”. Burry prevede che tra il 2026 e il 2028 queste società registreranno un’ammortamento inferiore al reale per 176 miliardi di dollari, il che farà apparire i loro profitti più alti di quanto siano in realtà: secondo le sue stime, Oracle sopravvaluterà i profitti del 26,9% e Meta del 20,8% entro il 2028″. (riccardo piccolo, wired.it)

Negli stessi giorni in cui Scion Capital chiudeva i battenti, un altro fondo di investimenti americano, Apollo Global Management, è diventato il nuovo azionista di maggioranza della squadra di calcio dell’Atletico Madrid. La proprietà americana ha acquisito il 55% delle azioni della società sborsando una cifra di quasi un miliardo e mezzo di euro, poca roba considerando che Apollo gestisce circa novecento miliardi di dollari di asset (la sola divisione sportiva del fondo ha una liquidità da investire a effetto immediato di cinque miliardi, uno dei quali sarà dedicato alla costruzione di una cittadella sportiva e mega-centro di intrattenimento a pochi passi dallo stadio Metropolitano di Madrid, su terreni ottenuti in concessione per settantacinque anni).

Curiosamente, il lancio di stampa e le prime interviste da parte dei dirigenti del fondo Apollo sono arrivate nel giorno dell’anniversario di un altro lancio, di un altro Apollo (il 12), protagonista della seconda missione con cui la Nasa spediva degli umani sulla luna. La missione non iniziò con i migliori auspici, perché il razzo fu colpito da due fulmini nei primi secondi di ascesa, ma raggiunse poi la superficie del satellite, effettuò dei rilievi e in particolare il suo equipaggio riuscì a recuperare alcune parti della sonda robotica Surveyor 3, consentendo successive analisi senza precedenti.

A seguire potete guardare la versione integrale di Le Voyage dans la Lune, film fantascientifico del 1902 girato dal visionario regista Georges Méliès, considerato tra i padri del cinema insieme ai fratelli Lumière:

(credits in nota 2)

Nella cultura norrena il termine Ragnarǫk indica una serie di eventi catastrofici che provocheranno un’apocalisse e la distruzione dei nove mondi mitologici. Tra questi eventi vi sono varie calamità naturali, l’incendio e poi la sommersione del mondo, la caduta degli astri fino alla cancellazione totale del creato.

L’arrivo dei Ragnarǫk è preceduto dal Fimbulvetr, un rigidissimo inverno lungo più di nove mesi al termine del quale il sole e la luna saranno divorati dai lupi Skǫll e Hati, che li avevano inseguiti invano fin dall’inizio dei tempi. Il buio attaccherà la luce usando fiere come il lupo Fenrir e il mostruoso serpente Miðgarðsormr, mentre una gigantesca nave costruita con le unghie dei morti guiderà le potenze delle tenebre verso la battaglia. Lo scontro tra le forze della luce e delle tenebre, in cui ogni divinità si scontrerà con la propria nemesi, non vedrà però vincitori, ma soltanto distruzione, che avrà il suo culmine nel grande incendio provocato dalla spada di Surtr, gigante del fuoco, e dall’inondazione che sommergerà tutta la vita rimasta sulla Terra, tra cui lo stesso Surtr.

La fortuna della parola e del mito dei Ragnarǫk è dovuta però alla sua capacità di indicare contemporaneamente la catastrofe massima e la rigenerazione, attraverso la nascita, dopo l’inondazione, di una nuova dinastia divina e di una nuova popolazione umana discendente da Lif e Lifbrasir, una coppia di esseri umani salvatisi dalla distruzione grazie a una foresta misteriosa in cui erano riusciti a trovare riparo. La palingenesi contestuale del mondo, degli dei e dell’umanità indica la necessità di arrivare al fondo delle cose, e di purificarsi per poter rinascere.

Per evitare brutte sorprese ci si dovrà ricordare che proprio mentre il mondo starà iniziando a rivivere dalle proprie ceneri, si innalzerà in cielo come un’ombra il mostro Níðhǫggr, il “drago che vola”, la “serpe scintillante”, che porterà con sé i cadaveri dei morti, a memento del male. “E ora lei si inabissa”, dice la profezia. Forse per sempre. (a cura di riccardo rosa)

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¹ Clint Eastwood e Danny Glover in: Fuga da Alcatraz, di Don Siegel (1979)

² Le Voyage dans la Lune, di Georges Méliès (1902)

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