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La parola della settimana. Macchina
(la scena finale di crash, di david cronenberg)

E la macchina sia alleata non nemica ai lavorator. (l’internazionale, versione italiana)

Per varie ragioni, negli ultimi tempi, ho letto un po’ di cose sul rapporto tra l’uomo e la macchina. Così venerdì sono andato a rivedermi Crash, il film di Cronenberg forse più angosciante. L’avevo visto una sola volta, una vita fa, durante un corso di Storia e critica del cinema all’Orientale, e mi aveva colpito, complice l’atmosfera sepolcrale delle Mura Greche, il suo nichilismo visionario senza scampo. Quegli uomini e donne che si trascinano nella metropoli, capaci di trovare uno slancio solo verso la morte e attraverso la penetrazione-lacerazione, oggi mi sembrano invece molto plausibili, ancorati alla realtà, più contemporanei ancora dei personaggi di un altro film di C. più recente, che ho amato molto, e che racconta tra le altre cose il farsi esibizione di questo rapporto tra il taglio e l’erotico («La chirurgia è il nuovo sesso»).

Quando costruiamo delle macchine è come se fosse la nostra versione del corpo umano. Nel senso che il corpo umano è una macchina. È quello che William Burroughs ha chiamato “the soft machine”. È interessante perché quando apri una macchina vedi la mente dell’uomo che l’ha progettata. […] Mi piace molto lavorare sui motori delle moto e delle auto. In questo modo hai l’intera storia dell’uomo, la tecnologia, il design, la razionalità. […] È un’avventura filosofica lavorare su una macchina. (david cronenberg intervistato da enrico ghezzi per fuori orario, 1988)

(credits in nota 1)

Alla sua uscita, non capendoci molto, tanti critici bollarono Crash come una sorta di techno-porno. A Londra la proiezione della pellicola fu vietata per molti mesi, in Italia la Repubblica pubblicò due articoli violentissimi firmati da Irene Bignardi.

So che i critici italiani hanno scritto che Crash era pornografia ma, guardando film pornografici non mi sembrava che avessero nulla a che vedere con il mio. Forse il problema è strutturale: può darsi che non abbiano mai visto un film che apre con tre scene di sesso e che non sia un porno. È vero che in Crash sono le scene erotiche a portare avanti la narrazione, come nel cinema porno, ed è vero che quelle scene si possono descrivere molto semplicemente come: gente a letto che si dice porcherie e poi ha grossi orgasmi. Ma mi sembra che il modo in cui le scene sono costruite, funzionano nel film e in quello che dicono sia tutto diverso da un film porno. (david cronenberg intervistato da giulia d’agnolo vallan per il manifesto, 1996)

Chissà se Cronenberg ha mai conosciuto Carmine Attanasio, o se ha mai saputo che nel novembre di quello stesso anno il leader dei Verdi napoletani propose un ordine del giorno in consiglio comunale per vietare la pellicola anche in Italia. Lo firmarono diciotto consiglieri di Alleanza Nazionale e Rifondazione Comunista, ma l’interpellanza non passò.  

Sono in molti, a quanto sembra, a temere un immaginario fatto di violenti urti di carrozzeria e corpi cicatrizzati, post-organici. E l’onda di disgusto si propaga con rapidità: dall’Inghilterra (il film è in attesa di visto), alla pudica America (che rimanda la sua uscita), il “testimone censorio” passa, a sorpresa, a Napoli. Sì, proprio a Napoli, città-modello delle giunte di sinistra. Che si risveglia in un ventoso giorno di novembre stringendo in mano un’interpellanza comunale […] che chiede di bloccare la pericolosa pellicola girata da Cronenberg. Prima ancora che circoli e sia vista, naturalmente. Per pura prevenzione sociale. (arianna di genova, il manifesto)

Qualche giorno fa, passeggiando a sera molto tarda per il mio quartiere e attraversando alcuni dei suoi angoli più reconditi, mi sono reso conto della quantità di gente che di notte dorme in macchina, come tra l’altro il personaggio più assurdo e affascinante di Crash («Vivi qui?». «No, io vivo in macchina. Questo è il mio laboratorio»). Il giorno dopo abbiamo pubblicato su Monitor questo articolo molto preciso sulla tragedia di quei tre fratelli che si sono barricati nella loro casa e poi l’hanno fatta esplodere, uccidendo tre carabinieri e innescando contemporaneamente gli ingranaggi di un’altra macchina, ben rodata.

La notizia, per i giornalisti italiani, non sta nella crisi sociale che il paese sta vivendo attorno a sfratti e sgomberi, specialmente, e sempre più spesso, ai danni di persone anziane. Giusto alcuni casi recenti:

8 ottobre 2025, Sesto San Giovanni (Milano): settantunenne si lancia dal sesto piano mentre l’ufficiale giudiziario notifica lo sfratto; lascia biglietto (“Non ce la faccio più”).
15 maggio 2019, Torino (Palazzo di Città): Dipendente comunale sessantatreenne si uccide nella sede municipale; aveva subito uno sfratto esecutivo.
16 luglio 2015, Genova (Sestri Ponente): Si getta dalla finestra “a causa dello sfratto”.
19 dicembre 2013, Torino (quartiere Parella): cinquantenne si impicca al balcone; in tasca l’ingiunzione di sfratto da eseguire entro trenta giorni.

La vera notizia, a quanto pare, sono i funerali di Stato per i tre carabinieri morti sul lavoro, diventati eroi al pari dei loro colleghi caduti nella lotta alla mafia. Sia chiaro che il sacrificio individuale di chi perde la vita nell’adempimento del dovere merita un rispettoso riconoscimento dallo Stato e da tutti. Tuttavia, trasformare gli esecutori di uno sgombero ai danni di tre contadini semianalfabeti in martiri della legalità, senza alcuno sguardo critico sul contesto, significa spostare il discorso sul piano liturgico, rendendolo impermeabile a ogni analisi, rassicurante, funzionale allo status quo. (antonio malatesta, napolimonitor.it)

Nonostante le ripetute rassicurazioni da parte del sindaco di Napoli e dei suoi assessori, le famiglie dell’ex Motel Agip di Secondigliano, sfrattate dall’edificio comunale e abbandonate, sono ancora in strada senza aver ricevuto nessuna proposta alternativa se non la solita elemosina in denaro, in una città in cui il mercato immobiliare impone il possesso di ben altre cifre, e soprattutto garanzie, per potersi assicurare un tetto.

Contestato nel corso di un’iniziativa pubblica, il sindaco ha definito i presenti – molti ex abitanti dell’edificio e un gruppo di solidali – “professionisti della protesta”. Personalmente, l’arroganza e l’indifferenza politica dell’ex rettore mi disgustano quanto gli strali dei tanti che stanno strumentalizzando questa vicenda in vista delle elezioni regionali di novembre, mentre estrema tenerezza provo per quelli che già si stanno allineando verso un “fronte delle sinistre”, al fine di tirare la volata all’improponibile ricandidatura a sindaco dell’ex magistrato vomerese che già abbastanza danni ha fatto alla città in dieci anni di governo.

a cura di riccardo rosa

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¹ James Todd Spader ed Elias Koteas in: Crash, di David Cronenberg (1996)

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