Prendi i soldi e vai fuori dalle scatole. Così il comune di Napoli gestisce l’emergenza casa a Scampia e Bagnoli

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Prendi i soldi e vai fuori dalle scatole. Così il comune di Napoli gestisce l’emergenza casa a Scampia e Bagnoli
(disegno di diego miedo)

L’insufficienza delle risposte istituzionali è stata una costante durante questi ottanta giorni di crisi bradisismica, crisi iniziata con la scossa del 13 marzo ma che a livelli diversi di intensità dura da oltre tre anni. In questi anni il comune di Napoli non si è preoccupato di programmare un intervento emergenziale capace di mitigare gli effetti di quello che era ampiamente prevedibile potesse accadere: una scossa superiore ai quattro gradi di magnitudo e con un epicentro localizzato a Bagnoli più che a Pozzuoli. Quando questo è successo i danni sugli edifici sono stati rilevanti così come la risposta all’emergenza inconsistente.

L’ex base Nato è stata aperta e dotata di un tendone per la prima accoglienza solo dopo e grazie alle proteste degli abitanti. Il tendone non è stato mai, in ogni caso, dotato di letti e materassini, così che le persone, a cominciare dagli anziani, i bambini e i disabili hanno dovuto dormire sulle sedie o per terra. Letti sono stati invece allestiti all’interno della municipalità, a poche centinaia di metri dall’epicentro della scossa, e nel pieno dell’abitato.

Fin dall’inizio, a chi ha perso la casa è stato proposto di alloggiare in strutture alberghiere, grazie a un accordo con Federalberghi. Queste strutture si trovano in comuni limitrofi dalla parte opposta della città rispetto all’area flegrea. Persone che la mattina dovevano attraversare tutta Napoli in macchina per portare i bambini nelle diverse scuole della zona ovest, e poi raggiungere il proprio posto di lavoro, magari spostandosi di nuovo verso il centro città, hanno dovuto rinunciare alla sistemazione assegnatagli, perché tra traffico e lontananza avrebbero dovuto uscire tutte le mattine di casa non oltre le sei. Gli altri sono stati per tutto il tempo, e in molti casi ancora sono, a Casoria o Casavatore, con la valigia aperta sulla sedia e i pasti a orari obbligati e cadenzati. 

Il comune si è fatto vanto di aver sbloccato il Cas (Contributo autonomo di sistemazione), un sostegno economico per dare possibilità a chi non poteva o voleva stare negli alberghi di trovare un’altra casa. La cifra del Cas è clamorosamente insufficiente a trovare una sistemazione oggi a Napoli, tanto più con l’arrivo dell’estate e la mancata disponibilità dei proprietari di casa a sottoscrivere contratti di affitto senza nemmeno sapere fino a quando. Nulla è stato fatto dalle istituzioni locali e dalle autorità giudiziarie per impedire la speculazione che vede arrivare gli affitti a Licola, Giugliano, Lago Patria a costi paragonabili a quelli del centro storico di Napoli o del Vomero.

I rappresentanti del comune che si stanno occupando della questione (su tutti gli assessori Laura Lieto e Luca Trapanese) hanno detto che non intendono prorogare ulteriormente la permanenza degli sfollati nelle strutture alberghiere, che dovranno essere svuotate il 16 giugno. In particolare, l’assessore Lieto ha chiesto pazienza, sostenendo di aver risolto un problema simile ma con numeri più grandi, come quello delle Vele di Scampia. La verità è che l’assessore Lieto a Scampia non ha risolto un bel niente: il comune ha messo in mano ai circa cinquecento nuclei familiari sfollati i soldi del Cas, ma nel quartiere e nelle zone limitrofe nessuno è stato disposto ad affittare una casa ai profughi delle Vele. In molti sono andati a finire a Giugliano, Castel Volturno e ancora oltre, a trenta o quaranta chilometri dai luoghi dove hanno abitato tutta la vita; i loro figli sono stati costretti a lasciare le scuole di Scampia da un giorno all’altro; in tanti, dopo mesi di ricerca vana, sono ancora “appoggiati” a casa dei parenti; su questa situazione gli amministratori hanno semplicemente voltato la testa dall’altra parte.    

Nel caso di Bagnoli, tra le domande di Cas inoltrate nei primi due mesi di crisi, soltanto un terzo è stata evasa dal comune. Nel novero di quelle inevase ci sono anche quelle di diversi inquilini degli alberghi, che si troveranno tra poco più di dieci giorni a non avere né un tetto sulla testa né il sostegno economico istituzionale finalizzato a procurarselo. La rivendicazione dell’Assemblea popolare di Bagnoli (che di recente si è “federata” in un coordinamento che mette insieme i comitati da tutti i Campi Flegrei) è in ogni caso chiara: ogni proroga è una sconfitta! Basta alberghi, basta Cas, basta elemosina! Bisogna far tirare fuori al governo, con effetto immediato, i soldi per la messa in sicurezza, perché ognuno possa rientrare nella propria casa e restarci. 

Altra grave responsabilità dell’amministrazione comunale è infatti quella di aver lavorato soltanto – quando era ormai troppo tardi – sull’emergenza. A dispetto degli ottimi rapporti con il governo (si veda la gestione della rigenerazione urbana dell’area ex Italsider e la candidatura della città a sede della Coppa America di vela), sindaco e assessori non hanno rilasciato una sola dichiarazione ufficiale contro il ridicolo decreto governativo che mette sul tavolo pochi spiccioli finalizzati a effettuare interventi solo sugli edifici sgomberati, mentre la popolazione chiede un investimento massiccio per l’adeguamento sismico dell’intero abitato, unica iniziativa che permetterebbe alla gente di Bagnoli, ormai stremata dalle scosse e dall’inerzia istituzionale, di continuare a vivere nel proprio territorio. Dalle istituzioni – dal comune alla Protezione civile – si chiede ai cittadini di “convivere con il terremoto”, ma non si agisce così come si fa in luoghi ben più sismici dei Campi Flegrei, dal Cile al Giappone, per far si che questa convivenza possa essere accettabile. Ormai è evidente, anche tra la popolazione, l’obiettivo di svuotare il quartiere e prepararlo alla speculazione all’orizzonte con Coppa America e rigenerazione urbana del Sito di interesse nazionale. 

Va segnalato infine il paradossale caso dei cinque nuclei familiari che sono stati alloggiati dal comune nel centro giovanile di Marechiaro. Si tratta di nuclei con fragilità sociale ed economica, e con bambini anche molto piccoli. Queste famiglie sono state allontanate dal centro il 27 maggio, ma non è stata proposta loro alcuna alternativa. Tre su cinque non hanno neppure ricevuto il Cas e sono ora costrette a risolversi il problema da sole. L’assessore Trapanese ha liquidato la vicenda colpevolizzando gli sfollati, dicendo che “le domande presentano delle incoerenze e non è possibile soddisfarle”. In una nota trasmissione radio, si è espresso poi sulla gravissima situazione di una ragazza madre con due bambine disabili, annunciando che non ha alcuna intenzione di farla rientrare nel suo piccolo appartamento (di proprietà comunale) in quanto “occupante abusiva”: «Con i soldi che le daremo avrà la possibilità di trovare casa, magari non a Bagnoli. Si deve mettere un po’ a cercarla, c’è bisogno del contributo pratico di cercarsi una casa, come hanno fatto quelli di Scampia. […] Una situazione faticosissima che siamo riusciti a risolvere». Questa donna, così come gli sfollati del centro di Marechiaro, è stata ripetutamente minacciata dagli operatori dei servizi sociali rispetto al fatto che “se la situazione non si risolve vi toglieranno l’affido dei figli”. (riccardo rosa / luca rossomando)

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