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Milioni di persone usano le intelligenze artificiali generative ogni giorno. Solo una piccola percentuale di loro, però, è disposta a pagare per farlo: tutte le altre si limitano a usare la versione gratuita di questi chatbot, che devono ancora trovare un modello di business sostenibile.
Secondo uno studio del fondo d’investimento Menlo Ventures, infatti, il 97 per cento delle persone che usano (o hanno usato) le AI scelgono l’offerta gratuita di base di chatbot come ChatGPT o Google Gemini. È una percentuale altissima che conferma l’enorme potenziale ancora inespresso di questa tecnologia, ma rappresenta anche un problema per le aziende del settore.
Lo sviluppo e il mantenimento di un modello linguistico avanzato è infatti molto costoso: servono enormi investimenti sia nel personale specializzato che nelle infrastrutture tecnologiche, come i data center che ne garantiscono il funzionamento. A queste spese iniziali vanno aggiunte quelle di mantenimento: le AI consumano enormi quantità di energia (spesso proveniente da fonti non rinnovabili) e di acqua, necessaria al raffreddamento dei sistemi.
Negli ultimi tre anni, a partire cioè dalla presentazione di ChatGPT, il settore tecnologico ha investito enormi somme di denaro per sviluppare queste tecnologie: secondo una stima, solo quest’anno verranno spesi più di 300 miliardi di dollari, ma potrebbero essere di più. A gennaio, OpenAI ha presentato Stargate, un piano pluriennale di investimenti privati da 500 miliardi di dollari per il settore delle AI, mentre Meta ha dichiarato di voler spendere «centinaia di miliardi» di dollari per costruire nuovi data center.
Il chatbot più diffuso al mondo è ChatGPT, che gode tuttora del vantaggio competitivo di essersi imposto per primo nel mercato. Secondo le ultime stime, ChatGPT ha circa 122 milioni di utenti al giorno: di questi, solo il 5 per cento è pagante, una percentuale più alta della media del settore ma non ancora sufficiente a renderlo un business economicamente sostenibile.
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Uno dei motivi per cui così poche persone pagano per le AI è il loro prezzo e in generale le particolari tariffe del settore. ChatGPT, ad esempio, offre tre piani: quello base gratuito; Plus, da 23 euro al mese, con l’accesso a modelli di ragionamento più potenti; e Pro, il piano completo e più ricco, che costa 229 euro al mese. Google Gemini ha una proposta simile, mentre Claude di Anthropic ha prezzi un po’ più bassi (15 euro al mese per Claude Pro e 90 per Claude Max).
In tutti questi casi, anche il piano a pagamento più economico rappresenta una spesa mensile piuttosto alta per l’utente occasionale. A investire in questo tipo di offerta sono quindi alcuni professionisti (tra tutti, i programmatori informatici) e gli utenti più curiosi o interessati ad alcune applicazioni dei chatbot, come la generazione di immagini e video. Tutti gli altri si accontentano della versione di base, che offre comunque servizi sufficienti per le esigenze di tutti i giorni.
A febbraio il Wall Street Journal aveva raccontato le difficoltà delle aziende sviluppatrici di AI nel vendere questi prodotti, soprattutto ad altre società. Anche per questo Microsoft ha cambiato strategia con le sue AI presentando Microsoft 365 Copilot Chat, che offre un chatbot gratuito e una serie di modelli più avanzati, il cui costo viene calcolato sulla base dell’utilizzo effettivo da parte degli utenti.
Secondo Menlo Ventures, le principali opportunità di monetizzazione per il futuro non saranno gli abbonamenti ma la vendita di inserzioni pubblicitarie e i programmi di affiliazione (affiliate marketing, in inglese). Le AI, quindi, potrebbero cominciare a inserire pubblicità tra le loro risposte o a stringere accordi con siti di e-commerce per ricevere una percentuale degli acquisti conclusi attraverso i loro link, come fanno molti siti web.
Un’altra opportunità di crescita economica riguarda la sfera personale dell’utente. Sia Meta che xAI, l’azienda fondata da Elon Musk, hanno recentemente presentato dei “Companions”, dei chatbot programmati per avere conversazioni private e intime con l’utente, per le quali più utenti sarebbero disposti a pagare.
La scorsa settimana xAI ha reso disponibili due avatar animati, chiamati Ani e Rudi: il primo è una giovane ragazza ispirata agli anime giapponesi, mentre il secondo è un panda rosso, pensato per un pubblico di bambini. I Companions sembrano progettati per avere una relazione molto personale con gli utenti, spesso parlando con loro di temi intimi e sessuali, come svelato da alcuni utenti e inchieste giornalistiche.
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In questo senso, Meta e xAI seguono l’esempio di startup che sono state pioniere del settore, come Replika e Character.AI. Pur con qualche differenza, entrambe propongono chatbot altamente personalizzabili, progettati per tenere compagnia o intrattenere gli utenti, più che per svolgere mansioni tecniche. Sia Replika che Character.AI sono state estremamente criticate perché i loro chatbot non hanno molte delle funzioni di sicurezza usate nel settore per evitare abusi da parte degli utenti, i cosiddetti “guardrails”.
Lo scorso anno, ad esempio, Character.AI fu coinvolta nel suicidio di un quattordicenne statunitense, che si uccise dopo aver discusso a lungo dei suoi problemi mentali e delle sue tendenze suicide con il chatbot, senza che il servizio interrompesse la discussione o consigliasse all’utente di contattare un psicologo o una linea anti-suicidio.
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Dove chiedere aiuto
Se sei in una situazione di emergenza, chiama il numero 112. Se tu o qualcuno che conosci ha dei pensieri suicidi, puoi chiamare il Telefono Amico allo 02 2327 2327 tutti i giorni dalle 9 alle 24, oppure via WhatsApp dalle 18 alle 21 al 324 0117252.
Puoi anche chiamare l’associazione Samaritans al numero 06 77208977, tutti i giorni dalle 13 alle 22.