
Quando inseriamo le indicazioni per il luogo dell’assemblea e saliamo in macchina, non ci accorgiamo che ci porteranno in una chiesa. Precisamente nella chiesa di San Matteo Apostolo, a Giugliano in Campania, provincia di Napoli. È qui che, il 18 dicembre scorso, una settimana prima di Natale, si è tenuta l’assemblea di cittadini per la costituzione del comitato di vigilanza dell’attuazione della sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU). Nel gennaio 2025, la corte ha condannato lo Stato italiano per la gestione del disastro ambientale della Terra dei Fuochi, ritenendolo responsabile di non aver protetto la vita dei residenti esponendoli a rischi ambientali e sanitari per decenni. Che un’assemblea dei comitati si svolga in una chiesa sorprende non troppo, visto il ruolo storico delle parrocchie in questo territorio. Da don Patriciello a Caivano a don Massimo Condidorio qui a Giugliano, i parroci “di frontiera” sono stati spesso protagonisti della lotta contro il disastro ambientale. A sorprendere, semmai, è la presenza di una volante dei carabinieri a presidiare l’ingresso. Anche questo, però, non è del tutto inatteso.
All’interno, sedute tra i banchi di legno, ci sono le diverse anime dei comitati della Terra dei Fuochi: Acerra, Caivano, Pianura. Ognuna porta con sé una storia specifica che parla di rifiuti interrati, roghi tossici, ecoballe, dove contaminanti diversi hanno disegnato differenti genealogie dei dolori, accomunate da patologie tumorali, neoplasie e morti premature. Su questi veleni, negli anni, i comitati hanno costruito una conoscenza scientifica che supera spesso quella accademica grazie a dati raccolti dal basso, studi indipendenti e relazioni puntuali tra esposizione ambientale e malattie. Introducendo l’assemblea, è il parroco don Massimo Condidorio a fare gli onori di una casa la cui sacralità dovrà accompagnare la battaglia. Una benedizione sugellata da un padrenostro recitato collettivamente. Accanto a lui, l’avvocata Valentina Centonze, parte del team legale che ha guidato il ricorso, entra subito nel vivo sottolineando il valore storico della sentenza e ricordando la responsabilità che questa affida proprio al comitato esecutivo che si sta istituendo.
La sentenza della CEDU ha riconosciuto ciò che i comitati dicono da almeno trent’anni: nella Terra dei Fuochi lo Stato italiano non ha protetto e continua a non proteggere i propri cittadini e le proprie cittadine da gravi rischi ambientali e sanitari. La sentenza definisce la risposta delle amministrazioni locali e nazionali come non “sufficiente, sistematica, coordinata e strutturata”. Dallo stesso pulpito, Vincenzo Petrella, vicepresidente dei Volontari Antiroghi di Acerra, ironizza: «Persone a distanza di migliaia di chilometri da noi, che nemmeno parlano la nostra lingua, hanno capito quello che volevamo dire. Allo stesso tempo, amministratori locali che parlano il nostro stesso dialetto, che vivono nelle nostre strade, hanno fatto finta per tanto tempo di non capire le nostre parole». È un passaggio del discorso che raccoglie anni di derisioni e di rabbia. «Ci hanno accusato di essere allarmisti, di diffondere paure infondate. Hanno persino alluso che fossimo noi ad appiccare i roghi tossici, perché non si spiegavano come mai fossimo sempre presenti quando bruciava un cumulo di rifiuti. Noi abbiamo sempre risposto che eravamo lì perché forse loro, le istituzioni, non c’erano. Ora la sentenza CEDU certifica che loro sapevano… e hanno scelto di non agire».
Il lavoro storico dei comitati nel segnalare la crisi socio-ecologica della Terra dei Fuochi è riassunta, secondo Antonio Marfella, oncologo di Medici per l’Ambiente, nel fatto che la sentenza porti il nome di Alessandro Cannavacciuolo, primo firmatario del ricorso. Nel 2007 la pubblicazione delle foto delle malformazioni che avevano colpito le pecore di suo zio Vincenzo, pastore di Acerra, suscitarono l’interesse della stampa internazionale. Vincenzo Cannavacciuolo si ammalò e morì pochi mesi dopo. Per l’oncologo Marfella, siamo entrati nella “fase sette della crisi”. Secondo la sua storiografia, la nascita del fenomeno della Terra dei Fuochi è legata principalmente allo smaltimento illegale dei rifiuti, fatto di interramenti, sversamenti e roghi. Oggi, invece, le contaminazioni principali passano sempre più attraverso il circuito legale dello smaltimento. «La correlazione che dobbiamo tracciare è tra i siti di stoccaggio dei rifiuti e l’insorgere dei casi tumorali. Questi dati le Asl non li diffondono, o si rifiutano di diffonderli, quindi è nostro compito produrli. Ognuno secondo le specificità del suo territorio. Qui siamo a Giugliano, per esempio, l’attenzione allora si dovrebbe concentrare sui Pfas, visto l’ammontare di rifiuti smaltiti in questa zona».
Gli Pfas sono sostanze perfluoroalchiliche, dette anche “inquinanti eterni” per la loro persistenza nell’ambiente, e il riferimento è allo Stabilimento di tritovagliatura e imballaggio rifiuti (Stir) proprio di Giugliano e al fatto che qui passino quotidianamente almeno cinquecento tonnellate di rifiuti solidi urbani. Giorni festivi compresi. Queste parole fungono da introduzione all’intervento di Giovanni Merola, avvocato del movimento chiamato proprio “Basta Impianti”, attivo nell’Agro Caleno, dove sono ben ventidue gli stabilimenti di rifiuti nel raggio di pochi chilometri. «In queste zone – dice – è possibile sovrapporre perfettamente la mappa dei casi tumorali a quella degli impianti». La notizia dell’apertura dell’ennesimo stabilimento tra Pignataro Maggiore e Capua come il divampare dell’ennesimo rogo tossico a Teano, hanno riacceso la rabbia della cittadinanza, culminata con il blocco del casello autostradale a fine settembre. Una riattivazione che ha già prodotto risultati concreti, dal sequestro dell’impianto di Sparanise all’audizione con i comitati della Commissione d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e agli illeciti ambientali, prevista nei prossimi mesi.
Gli avanzamenti, seppur lenti, delle lotte ambientali negli ultimi mesi hanno riattivato qualcosa che somiglia alla speranza. Non una speranza ingenua, ma la consapevolezza di avere un nuovo potente strumento giuridico tra le mani. La sentenza della CEDU impone allo Stato italiano di adottare entro due anni misure concrete e dettagliate, indicate dalla stessa Corte, per fronteggiare i danni ambientali. Un anno, nel frattempo, è già passato. La costituzione del comitato esecutivo servirà a dare vita a un meccanismo di monitoraggio indipendente per vigilare affinché siano rispettati gli obblighi imposti dalla sentenza. Dalle bonifiche al monitoraggio sanitario, dovranno essere investiti milioni di euro per la Terra dei Fuochi e sarà compito del comitato assicurarsi che questi soldi vengano spesi per la messa in sicurezza e la bonifica del territorio.
L’istituzione del comitato esecutivo segna l’inizio di una nuova fase storica. Il comitato si propone come interlocutore stabile delle istituzioni, garante della trasparenza e strumento di pressione civile nei confronti del governo e della Regione. È un nuovo esperimento politico, che si inserisce nella lunga storia dei movimenti della Terra dei Fuochi e ne rilancia il laboratorio. La Corte europea, infatti, riconosce esplicitamente che Ong, associazioni, gruppi della società civile e anche singoli individui possano inviare comunicazioni scritte per segnalare criticità, ritardi o attuazioni solo formali delle misure imposte dalla sentenza. La scommessa dei comitati è trasformare questa possibilità giuridica in un controllo popolare sistematizzato e di fare della messa in sicurezza del territorio uno spazio di partecipazione politica.
L’assemblea è un susseguirsi di testimonianze fatte di documenti, cartelle cliniche, pennette usb consegnate simbolicamente al tavolo del comitato, perché il dolore raccolto in quelle carte possa essere condiviso e diventare strumento di riscatto. Prima di sciogliersi, ci si dà appuntamento al giorno successivo: ancora a Giugliano e ancora in una chiesa, la Collegiata di Santa Sofia. Il comitato appena nato diventa così immediatamente operativo, chiamato a confrontarsi pubblicamente con le istituzioni e con il commissario straordinario Giuseppe Vadalà. Ci rimettiamo in macchina consapevoli di essere alle porte di un nuovo ciclo di lotte e che dai rapporti di forza che queste sapranno generare dipenderà il futuro della Terra dei Fuochi. (raffaele guarino)

